Itaca per sempre dall’omonimo romanzo di Luigi Malerba diretto da Andrea Baracco, drammaturgia di Maria Teresa Berardelli, andato in scena al Teatro Argot Studio di Roma. Recensione.
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Possibile mai che Penelope non abbia riconosciuto Ulisse? Donna tessitrice di attesa, protettrice, per quanto le fu concesso, di un focolare violato ma mai abbandonato; come avrebbe potuto lei guardare negli occhi lo straniero e non vedervi lo sposo? Immaginiamo siano stati questi gli interrogativi dell’autore Luigi Malerba condivisi con la moglie Anna Lapenna, l’amico Pietro Pucci e raccontati nel post-scriptum di Itaca per sempre, romanzo pubblicato nel 1997 da Mondadori. Passato un po’ inosservato le scorse settimane, lo spettacolo omonimo del romanzo è andato in scena nello spazio del Teatro Argot Studio di Roma, di fronte una platea sparuta sì ma calamitata dall’azione scenica di Woody Neri e Maura Pettorruso diretti da Andrea Baracco su una drammaturgia di Maria Teresa Berardelli.
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Nell’intima prossimità della sala off di Trastevere, troviamo sulla scena “pezzi di mare”, porzioni di infinito racchiuse da Luca Brinchi e Daniele Spanò in acquari di diverse dimensioni, quadrate e rettangolari, in cui sono annegati oggetti simbolo appartenenti ciascuno a un tempo diverso. Il mare viene così racchiuso in un contenitore di cui prende forma e staticità: l’acqua è ferma, cristallizzata, quasi divenuta reperto. Ulisse (Woody Neri), tatuato e vestito con giacca di pelle, e Penelope (Maura Pettorruso), con indosso un abito classico nell’accezione di senza tempo, si ritrovano a condividere dopo venti lunghi anni lo spazio casalingo. Ognuno è a parte nei propri monologhi interiori, a tratti soliloqui, in cui l’uno parlando a se stesso si rivolge in realtà all’altra: entrambi sembrano viaggiare autonomamente su binari paralleli, tuttavia pur senza guardarsi si tendono e si ricercano.
Attraverso un’interpretazione attoriale volta a rispettare la letterarietà del testo originale dandole densità e concretezza d’azione, i due attori si muovono, delineandola, all’interno di una scrittura drammaturgica che riflette e interroga il ritorno a casa, le sue dinamiche individuali e relazionali. Pettorruso nei panni di Penelope è severa nella sua fragilità e nella paura di non ritrovare l’uomo perduto, desidererebbe non scoprirlo cambiato, pretende di riconoscere prima di tutto l’uomo e non l’eroe, perché ella ignora le imprese compiute dal padre di suo figlio e, forse, non se ne interessa. Neri invece è un Ulisse che calza anfibi massicci e che, nonostante l’involucro di durezza lasciatogli dal viaggio compiuto, ora tra le mura domestiche non si riconosce, si sente incapace di vincere su quel campo di battaglia famigliare e della cura ormai a lui distante, dirà infatti: «io non so più chi sono e chi sono diventato».
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L’epos, che collocherebbe questi due personaggi archetipici in un sovratempo lontano e senza effetti sul presente, è, nello spettacolo diretto da Baracco, rintracciabile solo durante la rappresentazione della prova dell’arco, agnizione per antonomasia attraverso la quale Ulisse si fa riconoscere, e resa scenicamente attraverso il dinamismo dei veli posti sul fondo e gli schizzi dell’acqua agitata con furia e fatta strabordare da una delle vasche. Quell’arcaicità malerbiana non ha nulla a che fare, del resto, con la tensione epica quanto piuttosto col quotidiano delle consuetudini amorose e delle loro conseguenze; ha a che fare con un uomo che torna a casa dopo venti anni di assenza e con una donna che non è pronta ad accettare incondizionatamente quello stesso ritorno. «Quello di Andrea è un lavoro di fino sulle parole, sullo stato emotivo, e soprattutto sulla verità. La prossimità col pubblico ti permette di lavorare sulle piccolezze», questo ci conferma l’attore Woody Neri, raggiunto telefonicamente per un confronto sullo spettacolo, ed è proprio la dimensione di vicinanza allo spettatore che in questo caso, e più degli altri, eleva tanto il lavoro di regia e scrittura che quello attoriale.
Privo di un’architettura spettacolare magniloquente, il tratto registico di Baracco si affina con delicatezza sulla scrittura puntuale e tensiva di Maria Teresa Berardelli rilevandone il teatro dei sottotesti più intimi, dei non detti manifesti e dei rimorsi mai sopiti. L’emotività, sia essa intellettuale o carnale, continua a scorrere nonostante la fissità del mare imprigionato nella forma ma mosso dalla recitazione complementare di Neri e Pettorruso. Viaggiatori solitari e amanti severi ma bisognosi di ritrovarsi l’uno nella parola dell’altro.
Lucia Medri
Teatro Argot Studio, Roma – marzo 2019
ITACA PER SEMPRE
dall’omonimo romanzo di Luigi Malerba
drammaturgia Maria Teresa Berardelli
regia Andrea Baracco
con Woody Neri e Maura Pettorruso
scenografia Luca Brinchi e Daniele Spanò
costumi Marta Genovese disegno luci Javier Delle Monache
organizzazione Daniele Filosi
con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Provincia Autonoma di Trento, Regione Autonoma Trentino Alto Adige, Comune di Trento, Teatro Comunale di Pergine Valsugana, Spazio Off Trento
foto Francesca Ferrai