Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 25
«Usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò, che si fa e dice, venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi»: questa era la “regola universalissima” a cui Baldassarre di Castiglione riportava “tutte le cose umane”, e in particolare quelle nelle corti italiane all’alba del Barocco: in questa età di infingimento, il suo Cortegiano diventò un manuale di noncuranza per maschere sociali. Viene in mente appena entrati al Teatro della Cooperativa per assistere a LEIBNIZ. Uno spettacolo barocco, quando le rimembranze accademiche del filosofo secentesco – la monade, il migliore dei mondi possibili – si stemperano nel palco rialzato di parrocchiale memoria, sopra cui Serini, Paris e Balestrieri abbozzano movenze da quadriglia in cascanti costumi rosa carne. E all’ombra della sprezzatura si sviluppa anche la prima parte di LEIBNIZ, suddivisa in quadri che illuminano con arguzia parossistica la smania della civiltà occidentale di misurare e controllare la realtà, insieme a strutturali contraddizioni di cui Gottfried Wilhelm Leibniz rappresenta la sintesi, con il suo frustrato tentativo di ridurre del molteplice all’uno. Gradualmente lo spettacolo si raggruma attorno alla sua figura ed è come se perdesse quell’impudenza da giamburrasca che il sorriso svagato di Serini e lo sguardo aristocratico di Paris gli avevano trasmesso. Le parole che indagano il tormento del pensatore, le consolazioni di Sofia del Palatinato, sua interlocutrice, le esaltazioni liriche declamate a lume di cellulare sembrano emergere da un saggio di psicologia o da un libro di frammenti lirici: suggestive, ma letterarie, irrigidiscono la scena e il contegno delle interpreti. L’apparizione di Balestrieri nelle vesti di Filosofia o il guizzo di Hey dottore dei Prozac+ sono come due mani di bianco su un graffito: non stridono né dissimulano, al massimo confondono. Al netto del suo progressivo appesantimento, la prima produzione con le anime di Z.I.A. al completo dimostra coraggio e suggerisce spunti laddove difficilmente si va a cercare. (Matteo Valentini)
Visto al teatro della Coperativa ideazione Eleonora Paris e Irene Serini regia Irene Serini drammaturgia Eleonora Paris con Alessandro Balestrieri, Eleonora Paris, Irene Serini direzione tecnica Alessandro Balestrieri video e suono Andrea Centonza assistenza alla regia Francesca Repetti sguardo esterno Virginia Landi consulenza filosofica Raffaella Colombo produzione Teatro della Caduta e Z.I.A. – Zona Indipendente Artistica con il sostegno di IfPrana e Qui e Ora residenze teatrali