Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 25

Barbara e Lydia Giordano ci accolgono in piedi al nostro arrivo nella Sala Bausch del Teatro Elfo Puccini: sotto una coppia di slanciate luci al LED che le circoscrivono, si muovono a ritmo lento, producendo misteriosi e ovattati mugolii modulati assieme a suoni elettronici a bassa intensità. Gli abissi del mare non sono esposti attraverso maestosi oggetti di scena, ma suggeriti per via sonora e gestuale, mentre la soffusa luce bianca dei LED ci restituisce un ambiente allo stesso tempo rassicurante e sospeso. A popolarlo, infatti, non ci sono mostri leviatanici, ma due buffe sirene, Olga e Olivia, sorelle protagoniste del testo di Thomas Quillardet, La furia delle sirenette, tradotto da Maria Vittoria Bellingeri, autrice anche della regia, dei costumi e delle scene. La storia inizia con una delle due, Olga, che convince l’altra a lasciare la loro casa natia e avventurarsi per il mondo, senza sapere dove andare e quando, eventualmente, tornare. Il cammino delle due prosegue in maniera piuttosto piana tra abbacinanti scoperte, nostalgie di casa e incontri con inquietanti personaggi – tutti inscenati da Graziano Siressi, capace di essere ora guardingo come una patella, ora dinoccolato come un’anguilla. Nonostante la brillantezza degli interpreti, tuttavia, il testo appare un poco ingenuo, con personaggi monolitici nelle loro volontà, pulsioni e paure, non intenzionato a confrontarsi con le origini radicali della “furia” e, quindi, con un pubblico effettivamente uscito dall’età infantile. A questo fa da contraltare la scena che, invece, emoziona per intero, soprattutto quando si abbandona a se stessa, diventando una camera delle meraviglie di suoni, di corpi e di luci slegata da ogni supporto testuale. La storia sorprende nel finale quando, di fronte a un’insolubile differenza di orizzonti, non avviene una riconciliazione disneyana, ma una separazione lucida e pacata, in cui le sorelle scelgono di seguire ognuna la propria strada. Ci dicono, come canterebbe Dimartino, che sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile. (Matteo Valentini)
Visto al Teatro Elfo Puccini di Thomas Quillardet regia, scene, costumi, traduzione Maria Vittoria Bellingeri con Barbara Giordano, Lydia Giordano, Graziano Sirressi composizione sonora originale di FILOQ disegno del suono e direzione di scena Emanuele Pontecorvo luci Maria Vittoria Bellingeri collaborazione al light design Marco Giusti assistente alla regia Margherita Fabbriregia, scene, costumi Maria Vittoria Bellingeri produzione Rosamiranda e Nutrimenti Terrestri con il sostegno di Progetti Carpe Diem (Sardegna), Di Terre e di Acque – Luoghi da custodire, Arti e spettacolo (Aquila, Abruz- zo), Sementerie artistiche (Crevalcore, Bo) foto di Serena Serrani