Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 25
Chissà mai se Darwin avesse avuto modo di intervistare le scimmie cosa ne sarebbe emerso, ma più di tutto una domanda sarebbe stata decisiva: ne è valsa la pena? Questa trasformazione in essere umano, se dal nostro punto di vista prende il nome di “evoluzione”, al contrario potrebbe definirsi come un raggiungimento del limite di una condizione, una perdita di caratteristiche peculiari che forse non si era pronti a perdere. Del rapporto tra uomo e natura, tra evoluzione e conservazione, si occupa con estrema ironia Franz Kafka nel noto racconto Una relazione per un’accademia, scritto nel 1917 e pubblicato nel 1919 nella raccolta Un medico di campagna, che oggi Luca Marinelli dirige in forma teatrale al Teatro India. È un monologo, già nella sua forma originaria, che si cuce nell’abito e sulla pelle dell’attore tedesco Fabian Jung, interprete di Rot Peter, quest’uomo cui si richiede di affrontare di fronte alla platea di una conferenza il rapporto con il proprio passato da scimmia, la sua trasformazione in qualcosa di diverso e simile, come proprio è un essere umano. Jung raccoglie tutta la tesa attenzione del pubblico vestendo a ritmo di musica gli abiti civili, appena all’inizio, acquisendo dunque i simboli del mutamento cui presto darà voce: parla dell’adattamento, della crisi culturale, sotto l’indagine e la rivelazione di una luce saettante che lo rincorre per l’intero palco, che lo mette inizialmente a disagio ma poi impara a sfruttarla a proprio vantaggio; quando poi la luce si estende e diventa totale, scopre un panneggio semicircolare che circonda e avvolge i pochi elementi della sala conferenze, proiettando la sua ombra sulle pareti laterali a ingigantirne la figura eretta che si mostra così ancora bestiale. Oltre dunque al dialogo dinamico con la luce, emerge nella regia di Marinelli il ricorso al linguaggio come fulcro di conoscenza (proietta attraverso una lavagna luminosa parole chiave via via imparate dal protagonista), capace di portare da una forma all’altra pur riformulandone da capo l’identità. Il finale è poco chiaro e impreciso, ma una domanda resta in fondo allo spettacolo che rende l’utilità dell’esperienza: l’essere umano è un punto d’arrivo o una via di fuga? A due o quattro zampe, la vita cambia non di poco. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro India. Crediti: tratto dall’omonimo racconto di Franz Kafka; regia Luca Marinelli; con Fabian Jung; light designer Fabiana Piccioli; regista assistente Danilo Capezzani; set designer Sander Looner; foto Anna Faragona; produzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Teatro Stabile dell’Umbria, Società per Attori