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STABAT MATER (regia di L. Guadagnino e S. Savino)

Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 25

Benedetta, e non è un’iperbole, la visione di Stabat Mater dal testo di Antonio Tarantino per la regia di Luca Guadagnino e Stella Savino con in scena, nei panni di Maria Croce, una magistrale Fabrizia Sacchi (che firma anche l’adattamento), supportata scenicamente da Emma Fasano. I Quattro atti profani sono stati i primi testi teatrali di Tarantino che presentavano il drammaturgo come figura innovativa e decisiva di una svolta per la drammaturgia italiana. Tra questi, lo Stabat Mater, già passato per le memorabili interpretazioni di Maria Paiato e Piera Degli Esposti, è ora adattato in questo teatro d’attrice, in cui la trasversalità dell’esperienza di Sacchi è osservata dalla regia di Guadagnino e Savino. Il risultato? È come entrare nella gabbia di una tigre e percepire su di essa, nelle sue definite movenze, sensuali alcune, irruente le altre – sottolineate da una camicia bianca e pantaloni neri – tutta la ferocia di una lingua grezza, popolana, rauca a causa delle quattro, cinque sigarette fumate, ma non per questo incapace di modularsi nell’accentazione napoletana, in quella cadenzata litania fatta di ascese misericordiose e violenti cadute, di amore e sofferenza; talmente impetuosa da anticipare le parole e così sofferente da sputarle con livore senza riposo alcuno. Un monologo che diventa preghiera di eternità e di redenzione per questa madre, per suo figlio in carcere e per tutto il presepio di personaggi dannati a cui lei si rivolge: la signora Trabucco, l’Assistente sociale, Don Aldo il prete, il dottor Ponzio, che come Pilato se ne lava le mani del figlio di Maria, e il Dottor Caraffa/Caifa. Fabrizia Sacchi è dolorosamente autentica, come dirà il suo personaggio, e insieme a Emma Fasano, che “serve” la scena fornendo all’attrice delle sedute e una scala per i movimenti, brilla nel nero minimalista della sala, madida di fatica, con gli occhi che da socchiusi si spalancano per fissarsi grandi e intensi in una posa di bellissima disperazione. E il pubblico sembra non abbia intenzione di smettere di applaudire. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Argot Studio: di Antonio Tarantino, adattamento di Stella Savino e Fabrizia Sacchi con Fabrizia Sacchi e con Emma Fasano, regia Luca Guadagnino con Stella Savino, una produzione Argot Produzioni, Infinito, Fondazione Sipario Toscana Onlus – La città del Teatro, Teatro delle Briciole – Solares Fondazione delle Arti. Foto di Yara Bonanni

Cordelia, marzo 2025

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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