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NIKITA (di Francesca Sarteanesi)

Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 25

Foto Francesco Capitani

Le due sorelline da spostare all’ossario, che le permette di ricordare com’erano: vestite uguali, coi denti in orizzontale, inadatte a stare al mondo. Il buzzurro che la porta al casinò di Venezia e l’incontro con Julio Iglesias: il gioco di sguardi, la fuitina, il fazzoletto col profumo lasciato tra i seni per cadeau. «Io così in alto quella sera, dove pochissimi possono arrivare». La ruota panoramica, che «era il massimo tra le giostre»: punto di vista alternativo, momento di poesia che nessuno cerca più. I pesci rossi che ha nella boccia e che, nonostante gli abbia tolto il cibo e la torretta con la quale giocavano, «si ostinano a non morire», l’idiozia del marito, i ninnoli della credenza e questa «noia inconcepibile» cui accenna tra uno schiocco di bocca e un tiro al cocktail con la cannuccia. La Nikita di Francesca Sarteanesi parla, parla, parla, camicia colorata, posa da snob, ogni tanto gli occhiali da sole, mentre Nadia (Alessia Spinelli) ascolta e le fa la pedicure. Già, ma che dice? Presentata avara in brochure (si lava a pezzi per risparmiare l’acqua; «non sa condividere neanche una bottiglia di rosso della casa» leggo al Florida) mi pare una creatura fragile, che rimpinza il tempo di chiacchiere perché col silenzio riemergerebbero fallimenti e sconfitte. La giostra volgare che ora gestisce al luna park; la solitudine che le piomba addosso se tace. Narra dunque, o forse abbellisce ed inventa, seduta dietro un parapetto glitterato (addobbo d’effetto, pura apparenza), con Nadia piazzata a una distanza inverosimile (la lontananza a cui tiene la realtà). Tra musiche e avvisi da parco giochi e luci colorate che toccano la platea; infilzando i racconti coi ritornelli di canzoni infantili, la replica identica di frasi e di gesti, indovinelli senza risposta. E quando la dirimpettaia infine le parla, scaraventandole contro la miseria delle cose, Nikita spezza il dialogo dicendo come ha ucciso un tafano. Finché ci si mente insomma – e ti prego, reggimi il gioco – c’è ancora la possibilità di salvarsi. (Alessandro Toppi)

Visto al Cantiere Florida. Crediti: con Francesca Sarteanesi e Alessia Spinelli, drammaturgia e ideazione Francesca Sarteanesi e Tommaso Cheli, regia Francesca Sarteanesi, costumi Rebecca Ihle, scenografia Rbecca Ihle e Lorenzo Cianchi, disegno luci Marco Santambrogio. sonorizzazioni Francesco Baldi, produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione e Teatro Metastasio di Prato, con il sostegno di Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale

Cordelia, marzo 2025

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Alessandro Toppi
Alessandro Toppi
Alessandro Toppi è critico e giornalista napoletano. Scrive prima per il Pickwick, di cui è fondatore e direttore fino al 2022. Dal 2014 è redattore per Hystrio, dal 2019 scrive per le pagine napoletane de la Repubblica e dal 2020 è direttore de La Falena, rivista semestrale di cultura e teatro promossa dal MET di Prato. Negli anni suoi interventi, prefazioni, postfazioni e approfondimenti sono comparsi in varie pubblicazioni. Del 2024 la curatela condivisa con Maria Procino del volume Tavola tavola chiodo chiodo… Il teatro di Eduardo nello spettacolo di Lino Musella edito dalla redazione napoletana de la Repubblica.

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