Al Teatro Morlacchi di Perugia, all’interno della rassegna Perché non ballate?, è andato in scena Strangers in the night di C&C Company. Era andato in scena anche a Roma nel festival Teatri di Vetro. Recensione.

Michel Foucault nel saggio Ceci n’est pas une pipe (1973), dedicato all’omonimo quadro di Magritte, nota la sostanziale «impossibilità di definire il piano che permetterebbe di dire che l’asserzione è vera, falsa, contraddittoria», l’assenza di un referente esterno in relazione al quale determinarsi. Nessuno si è mai individuato sulla cima di un monte, gli farebbe eco Jung. Come molte delle questioni fronteggiate dalla filosofia dell’immagine, si tratta di qualcosa di intuitivo e, allo stesso tempo, dello schiudersi di una vertigine. Per certi versi la stessa evocata dall’iperrealismo: la complicazione del confine tra oggetto e rappresentazione che rinvia, spaventosamente, all’inganno dell’occhio, o a quello del linguaggio.
E Kafka è, nell’interpretazione di Félix Guattari e Gilles Deleuze, a suo modo iperrealista, per la capacità di cristallizzare il paradosso, per la diabolica innocenza di illustrare il fenomeno isolandolo dai nessi convenzionali. L’estraneità lo rende incongruente, e spesso ripugnante. Gregor Samsa si trasforma in scarafaggio, dunque, per eccesso di realtà, per quella quota incoercibile di umanità che, tracimando, esautora i ranghi della percezione sistematizzata e prevista.

«This is not the beginning» è una delle prime battute di Jos Baker, ancora solo, e laterale su di una ampia scena scura, disadorna se non fosse per il tavolo che troneggia al suo centro: rivestito da una tovaglia da cerimonia rigida e bianca, ma sparecchiato. Ciò che, con evidenza, è al contempo, senza contraddizione, non è. La nuova creazione di C&C Company prende le mosse da La metamorfosi ma sottrae, del racconto, ogni riferimento atteso, elaborandone invece l’interrogativo più tenebroso: dove finisce la realtà e dove inizia la finzione?
Sulla scena, Baker è raggiunto da Carlo Massari e poi da Linus Jansner. Massari è interlocutorio, fa da controparte tendenziosa, smascherante, a tratti irridente, al racconto del danzatore che, con desolazione ma anche con ingenuo accanimento, descrive il proprio bisogno di «fare qualcosa di autentico», di sottrarsi al regime della auto-rappresentazione, di uscirne vivo. Jansner offre, invece, il corpo all’incanto di un movimento contorsionistico, avviluppante, che sembra emanare o prorompere da quello del protagonista: ne è contrappunto, spesso prolungamento, a volte fantasma.
I quadri sono organizzati con l’eleganza della prestidigitazione, a disporre l’immagine di un’entità composita, triplice, dai movimenti dissonanti, spesso inconseguenti, oppure irrelati da una fluidità misteriosa. Pur utilizzando alcuni moduli di chiara leggibilità (primo tra tutti quello dell’alter ego), la ricerca di Massari riesce a ibridare senza timore i registri – balletto, breakdance, metateatro, tragicommedia – e sembra tentare, con successo, di sospingere l’idea dell’umano oltre i confini della regola e dello stupore, in un territorio così nuovo da chiedere un’attenzione intatta, purificata e sollecitando, in chi guarda, la gioia dell’aspettativa disattesa. I tre sul palcoscenico paiono, a momenti, mimare le istanze repressive, difensive e pulsionali del trittico freudiano Es-Io-Super Io: esiste, dentro di noi, una creatura rattrappita, primordiale, indifesa. Possiamo schernirla, blandirla oppure, a volte, nutrirla a pezzetti di banana. Possiamo lasciare che danzi il racconto della sua prigionia. La scatola scenica si definisce, a poco a poco, nella sua illusionistica evidenza di teca, fin quando Baker poggia i palmi aperti, in resa, contro l’invisibile quarta parete. Il palco è umbratile, ora soffuso di luci polverose, ora sferzato dal neon bianco, mentre la platea è invasa dai fumogeni, e la creatura, braccata e derisa, cerca riparo negli anfratti. «It looks like I’m acting, but I’m not».

L’umorismo kafkiano è questione dibattuta. Per Milan Kundera la sua lucidità e la sua comicità sono sempre state interpretate, fuori dalla Cecoslovacchia, come tragiche o allegoriche, David Foster Wallace, nel saggio Alcune considerazioni sulla comicità di Kafka che forse dovevano essere tagliate ulteriormente, scrive: «La comicità di Kafka dipende da una sorta di letterarizzazione radicale di verità solitamente trattate come metafore». Roberto Calasso, recuperando un passaggio decurtato de Il castello, lo assume a regola fondativa della scrittura di Kafka: «Il comico vero è senz’altro il minuzioso». Se ne conclude che la materia tragica, vista da vicinissimo, diviene comica, perché amputata della prospettiva, della risonanza e, soprattutto, della dignità che la distanza conferisce. È a questo particolare tipo di humour – un motto di spirito intrappolato dentro se stesso, che non può prorompere, concedersi al sollievo – che il pensiero coreografico e drammaturgico di C&C Company aderisce, creando, per gli spettatori, un gioco bloccato, una articolata variazione sul tema del paradosso. Il sentimento del grottesco si dispiega, simile a un orizzonte, sul quale il lirismo, la grazia non possono imporsi. Possono forse rifulgere brevemente, prima di trasformarsi in pantomima.

Eppure la speranza, infine, trapela. Il palco è quieto, in penombra. Si sollevano, da una radiolina abbandonata in un angolo, i giri armonici di Strangers in the night di Frank Sinatra. La familiarità carezzevole della melodia e della voce lambiscono i corpi esausti, confortano il pensiero, chiedono allo sforzo di cessare.
«In teoria vi è una perfetta possibilità di felicità: credere all’indistruttibile in noi e non aspirare a raggiungerlo».
Ilaria Rossini
Teatro Morlacchi, Perugia – marzo 2025
STRANGERS IN THE NIGHT
co-creazione e interpretazione Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari
ideazione e progettazione Carlo Massari
script Jos Baker
in collaborazione con Martina La Ragione, Chiara Osella
musiche originali e composizione sonora Andreas Moulin
direzione tecnica Francesco Massari
costumi Chiara Defant
un progetto Carlo Massari/C&C Company
una produzione Associazione Culturale Sanpapié
in co-produzione con Oriente Occidente, Fondazione Nazionale della Danza, Aterballetto, Transart Festival
con il sostegno di ERT Emilia-Romagna Teatro Fondazione, Teatro Nazionale, focus CARNE
con il contributo di Assessorato alla Cultura Regione Emilia Romagna e MIC Ministero della Cultura