Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 25

Se esistono davvero infinite versioni della realtà, come suggerisce la fisica quantistica, Costellazioni di Nick Payne le apre e le attraversa, mettendole costantemente in discussione. Diretto da Raphael Tobia Vogel e prodotto da Teatro Franco Parenti insieme a TPE – Teatro Piemonte Europa, lo spettacolo prende corpo grazie all’intensità di due attori umani, anzi umanissimi, come Elena Lietti e Pietro Micci, una scienziata specializzata in cosmologia quantistica e un apicoltore, che finiscono per ritrovarsi a Milano e incontrarsi una e altre mille volte. La scena è un luogo lucido e spoglio, firmato da Nicolas Bovey, che riflette su una superficie specchiante due anime inquiete, due particelle in eterna sospensione: attraverso la partitura luminosa di Paolo Casati che disegna ripetutamente nuove geometrie di senso, essa interroga e demoltiplica la relazione tra queste particelle, creando un altro livello di realtà che le contiene ma a cui, al tempo stesso, sfuggono continuamente. È questo lo spazio in cui si materializzano due mondi paralleli e le loro simultanee varianti, evocate dalla fisica quantistica: insicuro, istintivo e senza filtri quello di lei oppure docile e insofferente quello di lui che cerca invano di trattenere quelle infinite possibilità di una relazione d’amore che con leggerezza nasce e cresce, si complica e si interrompe, ricomincia, finisce. Una molteplicità che si riversa con forza anche in una drammaturgia che procede per frammenti, si sgretola e si consuma, per poi riavvolgersi e ripartire, mostrando come in uno “Sliding Doors” cosa succede se si decide di restare, cosa succede se si decide invece di andare via. Costruendosi come la somma di tutte le vite che si potrebbero vivere, in un fluire senza sosta che la regia incalza, Vogel costringe lo spettatore a perdersi in questo gioco metafisico delle varianti. A ritrovarsi nella possibilità di poter ancora scegliere. (Andrea Gardenghi)
Visto al Teatro Franco Parenti, Milano. Crediti: di Nick Payne, traduzione Matteo Colombo, regia Raphael Tobia Vogel, con Elena Lietti e Pietro Micci, scene e costumi Nicolas Bovey, luci Paolo Casati, produzione Teatro Franco Parenti