Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 25
Al Cometa Off la platea spiovente, che permette un’ottima visuale all’intero pubblico, finisce molto vicina alla scena: siamo lì, pronti a scrutare ogni minimo segnale, ogni espressione attorale, ché tutto si amplifica in quello spazio. La Anna Cappelli di Giada Prandi entra ed esce da uno spazio quadrato reso tridimensionalmente attraverso un semplice telaio bianco, idea esteticamente funzionale ma meno efficace dal punto di vista drammaturgico dato che l’attrice vi rimarrà chiusa chiusa solo nel finale, in una sorta di prigione immaginaria, soluzione tra l’altro un un po’ telefonata rispetto al finale post omicidiario. E qui d’altronde sta il problema dello spettacolo: il testo di Annibale Ruccello è un classico della drammaturgia in grado di scandagliare le profondità dell’animo di una giovane donna durante il boom economico. Siamo nei ‘60, Anna lavora, è indipendente ma deve comunque avere a che fare con i tabù sociali che la vorrebbero sposata e non convivente con il suo Tonino, il percorso drammaturgico però è semplice: Anna si innamora, va a convivere con un ragioniere conosciuto in ufficio e viene poi lasciata dall’uomo, l’azione sanguinaria finale va letta non come una vendetta ma come una volontà di possessione sovrumana sull’uomo con cui condivideva l’amore. Nella visione registica di Renato Chiocca però è già tutto amplificato, Giada Prandi usa una voce poco più alta della sua voce naturale (per poi abbassarla all’improvviso in alcuni momenti), in gran parte monotona, che racconta di una certa ingenuità del personaggio, e poi però gli occhi sbarrati a evidenziare gli eccessi di follia con quel “mio, mio, mio…” a sottolineare le ossessioni di possessione. Da una parte l’interpretazione soffre di una certa esteriorità e dall’altra anticipa da subito la follia rendendo tutto meno interessante, tutto già prestabilito (si guardi al contrario la recente lettura di Tolcachir e Picello) e stereotipato, come nel finale in cui Anna si scaraventa sul corpo di tonino per mangiarlo, ma a terra non c’è nulla. (Andrea Pocosgnich).
Visto al Teatro Cometa Off. Con Giada Prandi Di Annibale Ruccello Regia di Renato Chiocca Scena : Massimo Palumbo –Costumi : Anna Coluccia Luci : Gianluca Cappelletti – Musiche Originali : Stefano Switala Tecnico luci : Luca Carnevale