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SECONDO PIANO (di Andrea Giovalé regia Michele Eburnea)

Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 25

Non diremmo giovani perché sarebbe fare loro un torto. Ormai la categoria – fiaccata dalla retorica escludente dei bandi, dal finto interesse della politica, dalla delusione degli adulti – merita invece di eclissarsi nel suo stato e goderselo finché dura senza che glielo si ricordi. Andrea Giovalé, Michele Eburnea e Sara Mafodda sono innanzitutto tre professionisti che hanno debuttato lo scorso weekend all’Altrove Teatro Studio con Secondo Piano un testo agile ma rigoroso, scandito da tempi comici matematici che, conservando l’impostazione di un esercizio registico- drammaturgico lo porta alla sua maturità completandolo con una scrittura complessa e a più livelli (ipotizziamo anche a più mani). Dopo i titoli di testa che ricordano molto le sitcom degli anni 80’-90’, sul divano appaiono Mumu (Eburnea) e Muma (Mafodda): si definiscono un duo artistico ma non lo sanno fin quando un funzionario (Giovalé) si inserisce nella loro bolla duale – efficace la scelta dei costumi blu in tinta con il divano – e inizia a fare loro delle domande su cosa sono, cosa pensano, cosa vogliono. Ed è proprio davanti a uno di questi interrogativi che la loro solidità viene scalfita da un “sì” dato al posto di un “no”. Del resto le relazioni è così che finiscono, quando diamo risposte diverse a domande inattese. In una drammaturgia ipertestuale ibridata dal linguaggio televisivo, da riferimenti alla slapstick comedy, tra gag e colpi di scena, i tre raccontano un divorzio consensuale in quattro appuntamenti: dalla separazione, alla stipula, fino alla fine. Senza quel rallentamento del ritmo dato da un superfluo intermezzo metateatrale e forse stemperando lievemente il pathos del finale, Secondo Piano crea empatia – Mafodda e Eburnea sono tanto uguali quanto diversissimi – coinvolge per verosimiglianza al tema riuscendo però a creare degli slittamenti di senso, a guardare da fuori i nostri sentimenti con intelligenza umoristica. È un attento uso del mezzo teatrale che non dimentica le logiche della scena, pur contaminandole proficuamente con riferimenti che spaziano dalla tv al cinema alla musica. (Lucia Medri)

Visto all’Altrove Teatro Studio: di Andrea Giovalè; Sara Mafodda; Michele Eburnea; Con Michele Eburnea; Sara Mafodda; Regia Michele Eburnea; Foto di Grazia Menna

Cordelia, febbraio 2025

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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