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RADIO ARGO (regia Peppino Mazzotta)

Questa recensione fa parte di Cordelia di gennaio 25

Avete mai avuto voglia di riprendere un abito dall’armadio che non indossate da molti anni, solo per vedere se vi sta ancora bene? Deve essere accaduta qualcosa del genere a Peppino Mazzotta che, sulla scena con Radio Argo di Igor Esposito già tredici anni fa, decide oggi di tornare al Teatro India in questa riscrittura dell’Orestea per voce sola, ma con un habitat sonoro maestoso (da cui il suffisso suite) curato da Massimo Cordovani, autore ed esecutore delle musiche (tastiere, synth, handpan, chitarra elettrica, glockenspiel), sulla spoglia scena insieme a Mario Di Bonito (batteria, xilofono). Un uomo teso come un fusto che dal suolo si erge verso l’alto, nello spazio che si direbbe occupato proprio dagli umani, tra la terra dove poggiano le loro azioni e il cielo dove solo possono gli dei. Ma nell’antica Grecia, gli uni e gli altri potevano forse concorrere unisoni, le scelte degli umani dagli dei determinate, le ire di questi ultimi confluite nei destini del mondo terrestre. Le voci, in una sola, che Mazzotta inarca verso l’ascolto di una platea più ampia di quella solo teatrale, sono quelle dei protagonisti dell’opera di Eschilo, ma intrecciate in confessioni che giungono come arringhe oltre le scelte compiute, o subite: Ifigenia bambina va incontro a un tradimento che si chiamerà sacrificio, Agamennone reo e re amato e al contempo inviso ai propri sudditi, Clitennestra moglie che non sopisce la vendetta, Egisto usurpatore di trono, Cassandra uccisa ed esule due volte, la cui memoria trascina l’onta da Troia fino in Grecia, infine Oreste che attende, compie per sé ed Elettra un destino che da sempre conosce, agisce sia pur agito dagli eventi cui mai potrebbe sottrarsi. Ognuno di essi, nell’ambiente che la musica edifica attorno alla vicenda e soprattutto nella scrittura preziosa, vibrante e anche tenera di Esposito, esprime i meriti e le bassezze, le colpe e le pene cui la giustizia divina li chiama, raccogliendo una domanda terribilmente contemporanea: che ne è, dopo, della carneficina? Ne resta memoria? Oppure il sangue, nel tempo, attenua l’urgenza del proprio colore? (Simone Nebbia)

Visto al Teatro India. Crediti: di Igor Esposito; con Peppino Mazzotta; musiche originali di Massimo Cordovani eseguite dal vivo con Mario Di Bonito; regia di Peppino Mazzotta; post produzione live dei suoni a cura di Andrea Ciacchini; responsabile tecnico Jacopo Andrea Caruso; Produzione Teatro Rossosimona

Cordelia, gennaio 2025

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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