Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 25
Un teatro che si fa museo. È questa la scena che attende l’ingresso degli spettatori prima che inizi La Collezionista, testo di Magdalena Barile che Marco Lorenzi dirige sul palco del Teatro Elfo Puccini. Siamo nella casa della Marchesa Doris (Ida Marinelli), la grande collezionista in cui rivivono l’opera-vita di Peggy Guggenheim e al contempo la passione di Luisa Casati Stampa per l’arte. Troviamo la donna nella sua casa-museo di Venezia, alle prese con le proteste degli attivisti e con i costi altissimi della gestione, l’impossibilità burocratica di dedicare più all’arte il lusso del vuoto, lo spreco intellettuale, lo scopo della provocazione; attorno a Doris è Marcel, un assistente/amante (Angelo Tronca) che cerca di mantenere l’equilibrio tra la donna e ciò che rappresenta il suo museo, cercando allo stesso tempo di accogliere l’innovazione di due artisti antitetici tra loro ma, forse, nel bene e nel male complementari: Lux (Barbara Mazzi) e Andy (Yuri D’Agostino), forse entrambi immaginari, ma capaci di interpretare la provocazione portandola oltre un limite apparentemente invalicabile. La scena di Marina Conti e le luci di Giulia Pastore definiscono il bianco vorticoso delle pareti e dell’abito che ingloba, disperde lo sguardo e fa apparire le opere esposte nella loro solitudine, proprio la stessa di Doris; poi, quando il bianco cede luce, lo spazio si ammanta di un’atmosfera più calda, in cui prevalgono il giallo tenue e il rosa, un crescente presagio che penetra ogni angolo al punto da far emergere una domanda: chi vive in una casa-museo finisce poi per farne parte? La Marchesa – una Marinelli che passa tra le opere come anche lei fosse tale – è poi disgiunta dall’arte cui ha dato lustro? Il discorso attorno all’arte è lucido, il testo di Barile denso di stimoli urgenti, tuttavia la regia di Lorenzi manifesta un impeto che sembra poco funzionale perché emerga al meglio, tutta l’energia in eccesso innesca una recitazione a tratti scevra di modulazioni avvolgenti, cadenzate, il cui risultato è raffreddare una riflessione invece vivace con cui l’arte dovrà, presto o tardi, fare i conti. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Elfo Puccini. Crediti: di Magdalena Barile; regia Marco Lorenzi; con Ida Marinelli, Barbara Mazzi, Yuri D’Agostino, Angelo Tronca; scene Marina Conti; costumi Elena Rossi; luci Giulia Pastore; suono e video Gianfranco Turco; effetti scenici Tommaso Serra; assistente alla regia Giorgia Bolognani; assistente alla regia stagista Alessio Boccuni; foto proiettate sulla scena: Guido Harari e Armin Linke (dall’archivio del teatro); foto di scena dello spettacolo Laila Pozzo; produzione Teatro dell’Elfo, Ama Factory