Il 13 gennaio 2025 finalmente è stato pubblicato online il decreto D.M. 23 dicembre 2024, n. 463, ovvero il nuovo regolamento del Ministero per l’assegnazione dei finanziamenti nello spettacolo dal vivo. C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea (importante associazione che riunisce realtà artistiche che lavorano nel campo del contemporaneo) ha inviato una lettera con cui commenta il decreto, la riceviamo e pubblichiamo.
C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, tra le realtà maggiormente rappresentative del settore dello spettacolo dal vivo, dal 2010 elabora proposte volte a migliorare il sistema del finanziamento pubblico e nello specifico il Decreto Ministeriale recante Criteri e modalità per l’assegnazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul “Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo”, per tutti semplicemente il DM. La rete ha lavorato in questi anni in dialogo costante con il Ministero, cercando allo stesso tempo una relazione generativa con le altre sigle di rappresentanza, fermamente convinta del valore assoluto della concertazione collettiva. Ad oggi, però, i membri del Direttivo devono prendere atto che la rete – composta da oltre 250 realtà professionali operanti nel settore – non è stata coinvolta nella discussione politica sul prossimo DM triennale 2025/2027, nonostante avesse già preso parte ai tavoli di lavoro dello scorso luglio, indetti dalla Direzione Generale Spettacolo, assieme ai colleghi e alle colleghe di AGIS e Federvivo. Trascorsa la pausa estiva era attesa una nuova convocazione, invece non c’è stato spazio per alcun confronto ufficiale per nessuna delle realtà che, come C.Re.S.Co., ogni giorno investono energie e risorse nello studio e nell’elaborazione di proposte volte al benessere del sistema, impegnandosi a fare sintesi di istanze troppo spesso parcellizzate.
Questa mancata convocazione pone alcune domande: può dirsi sano un sistema democratico fondato sulla consultazione di una sola voce, seppur espressa da una realtà storicamente rappresentativa come AGIS e Federvivo, con cui C.Re.S.Co. da sempre cercato un dialogo aperto e collaborativo? Può dirsi aperta e inclusiva, equa e liberale, una modalità di consultazione che impedisce ogni forma di accesso a una rete che rappresenta una fetta così importante del sistema produttivo, per giunta dopo che la stessa è stata convocata ed ascoltata più volte dall’Amministrazione? E soprattutto, può dirsi contemplato nella sua interezza un sistema complesso e articolato come quello dello spettacolo dal vivo italiano, se dal dibattito vengono escluse le realtà rappresentative delle istanze maggiormente innovative e ri-generative del sistema stesso?
Trascorso anche l’autunno, questo inverno ha dato l’ultima conferma di una disfunzione preoccupante: nel 2014 il DM venne pubblicato il 1° luglio, nel 2017 il 14 luglio, nel 2021 – nonostante la pandemia – il 25 ottobre. Il 2024 è invece terminato senza che tutto il comparto abbia avuto notizia alcuna di uno strumento fondamentale per la salute delle imprese, atteso invano dal mese di ottobre dello scorso anno e arrivato oggi, 13 gennaio 2025.
“A nome delle 250 realtà che rappresentiamo, a cui è stata negata la parola, sentiamo di dover ribadire ancora una volta che c’è un problema ed è politico, e l’iter di un DM reso pubblico con un ritardo così evidente ne rappresenta solo il precipitato amministrativo. Nulla di nuovo sotto il sole, del resto aspettiamo il Codice dello Spettacolo e i suoi decreti delegati dal 2017! – affermano i membri del Direttivo, che proseguono: Eppure, qualcosa delle nostre proposte è rintracciabile in quei segnali – ancora troppo pochi – che puntano a un rinnovamento del sistema, cuore delle azioni di C.Re.S.Co. Proviamo così a condividere alcune riflessioni, mettendo in luce da una parte i segnali di apertura del DM, senza negarne l’approccio conservativo che a noi pare ispirare molte scelte”.
Il Direttivo espone dunque una serie di riflessioni sul DM.
Negli obiettivi strategici del supporto allo spettacolo dal vivo (art. 2), che per noi continuano a rappresentare i valori più alti da cui dovrebbero derivare le norme, si introducono alcune novità, tra cui quelle volte a favorire l’accesso delle persone con disabilità alle attività dello spettacolo e alle relative carriere professionali, come espressione di un diritto e come valore artistico, culturale e sociale da condividere; allo stesso modo sembra di poter leggere una più corretta lettura degli spettacoli realizzati in luoghi non convenzionali, riconoscendo maggiormente il valore delle poetiche più innovative in termini di fruizione da parte dei cittadini e delle cittadine. Resta da chiedersi se questo elenco composto da 13 obiettivi, che vanno dal ricambio generazionale al riequilibrio territoriale, trovi davvero una piena corrispondenza negli articoli di cui si compone il DM. Ce lo chiediamo pensando soprattutto al primo obiettivo, che parrebbe corrispondere a un convinto sostegno all’innovazione, nella misura in cui il DM concorre allo sviluppo del sistema dello spettacolo dal vivo, favorendo la qualità dell’offerta, anche a carattere multidisciplinare, e la pluralità delle espressioni artistiche, i progetti e i processi di lavoro a carattere innovativo, la qualificazione delle competenze artistiche. È davvero questa la priorità? A fronte di numerose nostre proposte volte a semplificare e armonizzare il sistema, stupiscono delle introduzioni che si contraddicono qualche riga dopo o spiazzano stravolgimenti di articoli di cui non comprendiamo il senso. Pensiamo ad esempio alle proroghe previste dall’articolo 11 (Disposizioni generali relative a Teatri Nazionali e dei Teatri delle città di rilevante interesse culturale), composto di 5 commi e ben 6 deroghe: questo modus operandi ci sembra aver risentito di continui “ritocchi” per effetto di questioni specifiche e non certo per una sana visione di sistema! Eppure, nei pochi momenti di confronto che hanno visto al centro le nostre proposte, siamo riusciti a ottenere una crescente – ma ancora inadeguata – attenzione agli spazi di programmazione che Teatri Nazionali e ex TRIC dovranno riservare a spettacoli di autori viventi, alla nuova drammaturgia e alle nuove scritture di scena, rispettando la parità di genere e agendo per un ricambio generazionale.
Potremmo forse sembrare sognatori nell’immaginare un sistema che non abbia più bisogno di indicazioni specifiche per attuare quel rinnovamento dei linguaggi già previsto dagli obiettivi strategici, come potremmo apparire ingenui credendo che la parità di genere dovrebbe essere una priorità di tutto il settore, ma siamo altrettanto realistici da sapere che purtroppo queste prescrizioni sono ancora oggi urgenti e necessarie! La tanto invocata attenzione alle giovani generazioni sembra ispirare anche l’introduzione del direttore artistico junior, se non fosse che 7 under35 (uno per ogni Teatro Nazionale) non sono sufficienti e che le funzioni di queste nuove figure non sembrano chiaramente definite: su questo da subito ci siamo detti pronti a effettuare un monitoraggio per valutare la reale capacità d’azione dei nuovi direttori.
Proseguendo in questa breve analisi e rimandando le note tecniche ai nostri documenti già divulgati, si nota che gli altri settori subiscono solo piccoli “aggiustamenti” a differenza di quanto accade ai Centri di Produzione: per questi soggetti si introduce infatti una differenziazione per capienza (450 posti, 250 posti, 200 posti) e non per funzione, che potremmo leggere come una moltiplicazione di soggetti piccoli, medi e grandi di cui non si comprende affatto l’impatto sul sistema. Scompare inoltre la qualifica di Centri di Produzione nell’ambito della sperimentazione, con l’effetto di mettere a confronto soggetti tanto diversi a discapito di chi ha operato e opera in ambito di rischio culturale.
Dopo il DM: il rischio culturale che fine farà?
Le parole sono importanti, soprattutto quando scompaiono.
Così, nei nuovi fenomeni della Qualità artistica il rischio culturale non c’è più, lasciando il posto a una più generica qualità del progetto e alla valorizzazione, promozione e diffusione dell’identità e pluralità culturale nazionale, non considerando che il sostegno al rischio culturale è tra le ragioni fondanti del finanziamento pubblico alla cultura, ciò che le permette di distinguersi dal mero intrattenimento commerciale, capace di autosostentarsi, e le consente di investire in ricerca artistica identitaria, generativa e ri-fondante di un Paese.
Eppure, per noi la parte più sensibile del nuovo sentire politico si svela e rivela nelle formule di calcolo della Qualità Indicizzata, dove le dichiarazioni sull’importanza di stare sul mercato del Sottosegretario Gianmarco Mazzi – che ci auguriamo di poter incontrare quanto prima per discuterne assieme – si reificano in calcoli oggettivi volti a quantificare ad esempio il costo medio per spettatore e gli incassi medi per spettatore, indicatori che rafforzano la già presente capacità di riempimento delle sale.
Sia ben chiaro, nessun artista o nessun teatro lavora instancabilmente per vedere una sala vuota, così come la buona salute del sistema passa per prima cosa sulla domanda di spettacolo dei cittadini e delle cittadine che, tramite il prelievo fiscale, rappresentano i primi sostenitori della cultura. Eppure non possiamo tacere una preoccupazione così evidente: cosa succederà alle sale di provincia, a tutti gli spazi lontani dai grandi centri, cosa accadrà a chi programma investendo su giovani compagnie e sui linguaggi multidisciplinari? Una distinta d’incasso frenerà la possibilità di incontro tra pubblici e innovatori della scena o come si farà a far tornare i conti in una dimensione così volta al mercato e così poco alla valorizzazione della scena e dei palcoscenici? E come tutto questo intercetta l’auspicato riequilibrio territoriale, mentre sembra invece rimandare alla definizione di una nuova autonomia differenziata culturale del Paese?
A partire da queste domande e da queste riflessioni vorremmo ragionare, nelle sedi opportune, con chi ha avuto l’onore e l’onere di fare determinate scelte, continuando a dichiarare la piena e totale disponibilità di C.Re.S.Co. a momenti d’incontro e discussione collettiva. Per ora, non possiamo che continuare a vigilare, dando voce a quanti oggi, in questa grande fotografia che vorrebbe rappresentare il sistema italiano dello spettacolo, risultano fuori fuoco o assenti. Ripartendo da ciò che di buono è stato introdotto e affrontando, con un po’ più di coraggio e di visione, il futuro che questo sistema merita.