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ROMEO E GIULIETTA (coreografia e regia di John Neumeier)

Questa recensione fa parte di Cordelia di gennaio 25

Inossidabile, iconico, immenso: insomma, una leggenda vivente. L’ottantacinquenne John Neumeier torna con l’Hamburg Ballet (oggi affidato a Demis Volpi) al Teatro La Fenice di Venezia. Ed è un evento. Romeo e Giulietta è lavoro addirittura del 1971, ripreso nel 1974 e poi nel 1981, datatissimo eppure attualissimo, e ripreso con cura di repertorio e forza interpretativa e sapienza scenica dal 2023 (e infatti Emma mi dice quanto tutto le sembri un po’ anni 80: e manco era nata…). Qui tutto è affare amoroso fra giovanissimi: Giulietta, strepitosa e tecnicamente perfetta e centratissima in termini espressivi in questa ribelle furiosa e pochissimo piagnona che diventa adulta all’improvviso, è Azul Ardizzone. Mentre Romeo, tonto il giusto e bello il giusto e forte il giusto e impetuoso il giusto è Louis Masin. Le scene perfette sembrano di Frigerio, ma sono invece di Jürgen Rose (pure i costumi). Della musica di Prokof’ev, vabbè, sapete già tutto. L’amore tra i due sboccia nell’immobilità di un prolungato sguardo, pieno poi di pudore e di risolini, e queste mani offerte: amore è questo essere nello sguardo dell’altro, questo darsi nelle mani dell’altro. Mercuzio è Alessandro Frola, ha un sorriso contagioso e ci mette un pomeriggio per morire, trafitto da Tebaldo, lo spigoloso Artem Prokopchuk (che si limona con Donna Capuleti, la scultorea Anna Laudere), ma ne vale la pena perché guardarlo è un vero diletto. L’improbabile Frate Lorenzo è Lennard Giesenberg, un biondone bambolone giovanissimo e bicipitato, che quando Romeo lo aggancia per fermarlo o lo abbraccia per gratitudine sembra subito un’illustrazione pin-up da magazine culturista stile Adonis. Non meraviglierà il suo essere fuori tempo nell’avvisare Romeo. Il Conte Paride di Florian Pohl è addirittura un Big Jim che torreggia la povera Giulietta la quale (giustamente) si rifiuta, punta i piedi sbatte i pugni per aria perché nemmeno vuol toccare sto marcantonio che sembra uscito da un’illustrazione Tom of Finland. La festa è bellissima ma nera e funebre, quella in piazza con tutti, compreso il carretto dei commedianti, piena di colori: ci sta che la vera vita sia fuori, e la morte il contrattempo più giusto per uscire di palazzo. Accorrete tutt* a vederlo: è imperdibile, davvero. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro La Fenice Orchestra del Teatro La Fenice coreografia e regia John Neumeier direttore Markus Lehtinen scene e costumi Jürgen Rose – Crediti completi

Cordelia, gennaio 2025

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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