Questa recensione fa parte di Cordelia di gennaio 25
Si è soliti identificare la memoria come un’immagine di solidità retroattiva, un magma che via via si condensa e crea ciò di cui l’essere è composto; non stupisce allora come la malattia che la attacca, l’Alzheimer, somigli proprio alla progressione disarticolata di una separazione tra l’essere e i propri ricordi, come se intere parti della vita prendessero via via congedo dalla vita stessa. C’è una famiglia sulla scena di Intorno al vuoto, testo che la giovane drammaturga Benedetta Nicoletti ha consegnato alla regia di Giampiero Rappa, seguendo l’esperienza e la volontà progettuale dell’attrice Paola Giorgi, in scena assieme a Gianluigi Fogacci e Fabiana Pesce allo Spazio Diamante. C’è una famiglia che, alla comparsa dei primi sintomi di Alzheimer nella donna – moglie e madre – che tiene in equilibrio l’intero nucleo, si sfalda ma così trasforma quell’equilibrio in un nuovo ordine, accompagnando a una maturazione i componenti. Carol e Paul sono sposati da molti anni, hanno una vita tranquilla di due professionisti scientifici, in una moderna New York; Liz è una figlia che cerca la sua strada e il teatro sembra parlare la lingua del futuro, si allontana da casa perché vorrebbe la libertà di scegliere che la madre sembra negarle. Ma ecco che la malattia sconvolge una condizione in apparenza stabile, a rivelare quanto tale non fosse. Paul non accetta il cambiamento, cerca nella scienza i lumi di una spiegazione e si indurisce, Liz è spaventata ma forse è la sola che accoglie la nascente condizione, pur nel dolore diventa davvero adulta ora che si trova ad accudire la propria madre; Carol è la sola che comprende subito, sa cosa sta per accadere, cerca di dirlo finché avrà la forza e ne mantiene fino all’ultimo, per consegnare anche quell’ultimo frammento amoroso al tempo che non vedrà. La regia di Rappa, che guida attori ispirati capaci di scavare in una drammaturgia decisa, è anch’essa netta, priva di un’estetica decorativa e dritta all’obiettivo: non si scherza quando si racconta la malattia, sembra dire, ponendo imponenti pannelli con una trasparenza fosca a negare e rivelare la vicenda, così come l’Alzheimer fa con la vita dei protagonisti. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Spazio Diamante di Benedetta Nicoletti scene Laura Benzi costumi Stefania Cempini
luci Paolo Vinattieri musiche Massimo Cordovani assistente alla regia Michela Nicolai realizzato con il contributo di Regione Marche – Assessorato alla Cultura patrocinio I.N.R.C.A. Istituto Nazionale Ricovero e Cura a carattere Scientifico Premio Impronta d’Impresa Marche “le donne lasciano il segno” Camera di Commercio delle Marche produzione Bottegateatro Marche – Tf Teatro Teatro Menotti