Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 24
Uno spazio metafisico accoglie l’esile figura della danzatrice Lucia Guarino. Tutto intorno è bianco, e in questa rarefazione, una lunga asta color rosso acceso viene alzata come fosse una grande spada a fendere questo candore: si tratta invece di un naso, anzi il naso di Pinocch-io, ultimo e intimo lavoro dell’artista. Attorno a questo «figur-io», vivo di potenza e per questo delicato e fragile, si articola una dedica dell’io al sé – essenziale, come è il linguaggio coreografico di Guarino – ma poetica e incisiva che sembra affiorare, dando loro corporeità e concretezza, dai quadri di De Chirico, tanto nei colori usati per gli abiti, che nell’uso e nella collocazione degli oggetti. Un’indagine, che è anche un duello di scherma a cui alludono i costumi, sulla propria natura che parte dalla menzogna – prima di qualsiasi altra azione, la danzatrice indossa simbolicamente il lungo naso – per arrivare alla verità del corpo in un percorso enigmatico, malinconico, a tratti inquietante in cui la burattina biomeccanica si sfida a diventare se stessa. Ancora in definizione, le luci tenui di Gianni Staropoli aiutano a dipingere una dimensione sospesa, compromessa nella sua fissità, in cui Guarino sembra nascere e muoversi come fenomeno, accadimento etereo e fugace. Un essere dai cuori di carta inchiodati al petto, che possono essere presi e sfogliati uno dopo l’altro, lentamente, con decisione; tante stille rossastre appartenenti a un’intera vita. In quel corpo che si fa piccolo piccolo e poi si estende, salta, corre, o semplicemente sta, si manifesta l’essere, la sua nascita, infanzia, adolescenza e adultità, mentre nel qui e ora teatrale si rappresenta “l’esser-ci”. Io, tempo e spazio sono le tre unità sceniche attorno alle quali si muove questa coreografia di ricerca, sono vettori di sensibilità attraverso i quali possiamo dire di noi. Oppure mentire. (Lucia Medri)
Visto al Teatro India, Teatri di Vetro: concetto e movimento Lucia Guarino, luce e spazio Gianni Staropoli, musiche Stefano Pilia, sguardo esterno Emma Tramontana, supporto alla drammaturgia Roberta Nicolai, consulenza costumi Gianluca Sbicca, sostegno alla produzione TSU Teatro Stabile dell’Umbria. Supporto amministrativo NexusFactory, sostegno alla residenza CURA centro umbro residenze artistiche, Masque Teatro, URA, Spazio ZUT speciali ringraziamenti a Elena Rosa, Gianni Staropoli, Marcello Sambati. Foto di Margherita Masé