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IL MOSTRO DI BELINDA (di Chiara Guidi e Vito Matera)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 24

La magia di una fiaba è il suo legame profondissimo con una sincerità perduta. Ne Il Mostro di Belinda di Chiara Guidi e Vito Matera, ispirato alla già nota storia de La Bella e la Bestia, quella sincerità – di cui cerchiamo invano le tracce nel mondo degli adulti – affonda le proprie radici di esistenza nella dimensione sonora, composta da Scott Gibbons e curata da Andrea Scardovi: è nelle “voci di scena” (e senza corpo alcuno) dei più piccoli, che interrogano curiosi dall’alto la narrazione e ne scandiscono con entusiasmo il ritmo della trama, ma è anche nei sospiri increduli di quelli che con un’energia brulicante mi siedono accanto, gambe accovacciate e occhi stropicciati, così terrorizzati da quel fascinoso buio che permea l’atmosfera di tutto il palco. La magia, di cui vorremmo ancora tutti fare esperienza nel mondo adulto ma che continuamente sfugge per un fatto semplicemente anagrafico ed esperienziale, sembra essere restituita solo dall’afflato del loro giovane sentire: sono spaventati da quella notte senza luce, perplessi da una figura incappucciata, che è la Bestia, sempre coperta alla vista ma esposta nella lugubre vocalità, e poi divertiti da quel Ranocchio bisbetico che infastidisce la giovane fanciulla Belinda, ponendole però interrogativi nuovi e anche un po’ scomodi, per essere soltanto una rana. Eppure, nella creazione di Guidi e Matera, forse più nell’idea di usare con un approccio unico immagini e sonorità (un sottrarre alla visione ciò che può essere riempito dal suono) che nell’ essenzialità del binomio buono/cattivo, bello/brutto, ritroviamo quel “mistero della prima volta”, quella “energia dell’incanto” di cui parla Claudio Longhi nelle note di sala. Belinda capirà gli orizzonti di possibilità che scaturiscono da un semplice binomio e i bambini l’aiuteranno a prendere la scelta che solo il cuore può alla fine dettare, quella che supera le barriere della visione e approda ad un intimo, sincero e assolutamente magico sentire. (Andrea Gardenghi)

Visto al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano. Crediti: da un’idea di Chiara Guidi, drammaturgia Chiara Guidi e Vito Matera, composizione sonora Scott Gibbons, scene, luci, costumi Vito Matera, con Maria Bacci Pasello, Eugeniu Cornițel, Alessandro De Giovanni, con le voci di Demetrio Castellucci, Chiara Guidi, Anna Laura Penna, Giulia Torelli, e con la voce di Lavinia Bertotti, voci infanti Bice e Maddalena Bosso; Eva, Lia e Nora Castellucci; Enrico, Iris e Michele Guerri; Amedeo Matera, Daphne Sophia e Ophelia June Nguyen; Gabriel Rotari; Agata e Federico Scardovi; Mia Valmori, cura del suono Andrea Scardovi, tecnica Francesca Pambianco, realizzazione scene Attosecondo, assistente costumista Chiara Venturini, cura Irene Rossini, direzione di produzione Benedetta Briglia
direzione tecnica Eugenio Resta, equipe tecnica in sede Lorenzo Camera, Carmen Castellucci, Francesca Di Serio, Gionni Gardini, Dario Neri, amministrazione Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci, Massimiliano Coli, redazione Cristina Ventrucci, produzione Societas, in coproduzione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani – Onlus, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Cordelia, novembre 2024

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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