Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 24
«Il teatro è diventato il posto perfetto per un comizio, una lezione o una conferenza». Così la scena di Faust, il nuovo spettacolo di Leonardo Manzan scritto con Rocco Placidi, non è che un tavolo da conferenza senza inizio né fine, invaso da fogli bianchi. Vi prendono posto quattro relatori che dialogheranno a lungo e a vuoto attorno al Faust di Goethe. Le luci di sala restano accese: rimaniamo sulla soglia del teatro, proprio come nell’incipit del grande dramma che presta il titolo allo spettacolo; ennesima trovata di Manzan, si dirà, per smascherare le pose di un teatro contemporaneo che guarda furbescamente ai classici solo per riempire cartelloni. Lo spettacolo non c’è, c’è solo un lungo prologo fatto di parole che suonano come rutti, calembour smaltati, tirati all’estremo: il gioco ironico prosegue anche quando prende la parola Faust, con la malinconia magnetica di Alessandro Bay Rossi. Alle loro spalle un sipario c’è, ma resterà chiuso, mosso soltanto da un vento di presagio, suggestivo ma innocuo. Annuncia l’arrivo di Mefistofele, un’energica Paola Giannini, a rappresentare il demonio o forse il teatro stesso, ovvero qualcosa in cui nessuno più crede, di cui nessuno più ha paura. Destinato a morire. Tra stacchetti da varietà televisivo, canzoncine, siparietti emerge il grido di una rivolta già stanca di se stessa, la capriola della satira che ritorna in posizione eretta, o prona, davanti al padrone di turno che le chiede di ruttare o di fare il verso della gallina. Se già vi allude la lunga rievocazione dei provini, la dichiarazione d’amore finale suggerisce che l’ennesima beffa di Manzan al teatro sia di usarlo per scopi personali, o almeno così farci credere. Forse però il destinatario di quelle parole d’amore struggenti è il teatro stesso. «Siamo possibili noi due». Se si potesse immaginarne la risposta, forse direbbe a Manzan: fallo, è ora. Puoi rialzare questa benedetta quarta parete se ti serve, credere in me e, come fai dire a Mefistofele/Giannini, «esprimerti senza pudore, con tutti i sentimenti, ed essere felice». (Sabrina Fasanella)
Visto al Teatro Vascello. Tratto da Faust I e II di J. W. Goethe. Di Leonardo Manzan e Rocco Placidi. Con Alessandro Bandini, Alessandro Bay Rossi, Chiara Ferrara, Paola Giannini, Jozef Gjura, Beatrice Verzotti. Regia Leonardo Manzan. Scene Giuseppe Stellato, costumi Rossana Gea Cavallo, music and Sound Franco Visioli, light designer Marco D’Amelio, fonico Filippo Lilli, datore luci David Ghollasi, macchinista Giuseppe Russo, assistente scenografa Caterina Rossi, aiuto regia Virginia Sisti. Produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro Piemonte Europa, LAC Lugano Arte e Cultura in collaborazione Teatro della Toscana Teatro Nazionale. Foto di Manuela Giusto