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ANNA CAPPELLI (di A. Ruccello, regia B. Buccellato)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 24

Anna Cappelli è stato scritto nel 1986 da Annibale Ruccello poco prima che morisse, sotto richiesta di Benedetta Buccellato: l’attrice aveva letto un fatto di cronaca in cui era coinvolto un uomo giapponese che aveva divorato la compagna. Gli chiese di renderla quella che divora. Quasi quarant’anni dopo, Benedetta Buccellato è ancora Anna Cappelli. Il teatro di Ruccello è anche un teatro di oggetti, di oggetti che materializzano la presenza e la volontà di chi se ne circonda: una radio da cui si sente Pensiero d’amore di Mal, una sedia, un ombrello, un attaccapanni, un impermeabile da uomo e una tanica. Tutto intorno, invisibili ed evocati con ossessione, ci sono gli oggetti che Anna Cappelli vuole per sé e che non è disposta a perdere. È una donna senza qualità, trasferitasi a Latina per essere indipendente, e finisce in una relazione ambigua con un ricco ragioniere del posto. Il ragioniere Tonino Scarpa un giorno si stanca di lei e decide di abbandonarla. Anna parla con i suoi interlocutori in modo incalzante, ripetendo senza sosta i suoi desideri affinché vengano esauditi; non è compresa, e continua a ripetersi. Prima è compiacente, seppur petulante, ma poi l’ossessività diventa un malessere che schiaccia chi le è attorno. C’è una libertà di scrittura una e libertà attoriale sorprendente, un’attenzione umana mai morbosa per questa mente che si sgretola, per questa Filumena Marturano piccolo borghese che non potrà mai attirare su di sé le simpatie di preti e servitù perché è una meschina. È una scrittura che desidera veder vivere davvero tutto ciò che produce. Fa una strana sensazione leggere di un Annibale Ruccello sempre attuale, perché è ormai probabile che non lo sia più. È così evidentemente “altro” da quanto esiste oggi, per quanto lo si riconosca con così tanta facilità come qualcosa di intimo, che forse il suo tempo non è il sempre presente ma un “fu” sentimentale, un tratto genetico originario ormai non più dominante. Che incalcolabile perdita, che peccato.

Visto a Sala Assoli; Crediti: di Annibale Ruccello; Regia e con Benedetta Buccellato; Produzione Casa del Contemporaneo.

Cordelia, novembre 2024

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