Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 24
Alcune storie lasciano una patina di squallore sul cuore, che tiene insieme memoria presente e passata. Come se ci sedessimo su una sedia sdraio, su una terrazza, a guardare cosa è stato un amore; le antenne si agitano al vento, il traffico rumoreggia, tutto si muove tranne noi, fissati nel vuoto, in alto, da soli. E proviamo un’enorme tenerezza. È questa un’immagine che rimane impressa di Amore cointestato La corazza emotiva – Primo movimento scritto e diretto da Enoch Marrella: lui, «intellettuale di origini benestanti che vive in prima periferia e nella vita non guadagna nulla», dal fondo della scena guarda lei, Ariadna (Giulia Salvarani), «una ragazza di estrema periferia che dalla vita ha tutto da guadagnare», mentre si sfoga con il pubblico rispetto quello che sperava sarebbe stato, e invece non è. In questa sorta di triello – assistiamo a uno che guarda una che guarda noi – c’è anche una sotterranea rabbia violenta che vivacizza gli sguardi. Un illusorio controllo: possiamo mai cointestarci la fiducia in un legame che esiste solo nella sua libertà? Enoch Marrella lo rappresenta in una drammaturgia surreale, emotivamente confusa in alcuni passaggi, sovraccarica di elementi in altri, in cui la relazione con Ariadna (forse uno spettro generato dalla mente di lui a causa del fallimento amoroso) si articola tra la prima e seconda periferia, spazi geografici, e personali, agli antipodi che esprimono anche una distanza intimo familiare mai colmata. Oltre alle intelligenze umane, due intelligenze artificiali appaiono nei video esilaranti: un maestro/psichiatra/santone e una barista cinese, che assolve il compito terapeutico più dello stesso psichiatra. Per loro, Enoch è l’allievo che deve imparare, il cliente che deve sapere. Ariadna, invece, sa già tutto, ribadisce quello che voleva, ma che non ha con lui, e perciò se ne va. Nei cambi luce un po’ temerari e nelle azioni un po’ impacciate, c’è però una sincerità tra palco e platea che ci tiene legati gli uni alle altre. Come nel finale, sempre sulla terrazza, 8 persone stanno lì, fissate e unite, a tenere l’antenna, per «lasciare tutto così com’è». (Lucia Medri)
Visto al Teatro Biblioteca Quarticciolo: con Enoch Marrella, Giulia Salvarani; visual Andrea Romoli; artwork Aleksandar Stamenov; sound design Gabriele Silvestri; luci Gianni Staropoli; costumi Marta Montevecchi; coordinamento Maria Federica Bianchi; progetto grafico Marco Quintavalle; foto Valerio De Rose; teaser video Daniele Parisi, Dario Tacconelli; organizzazione Cinzia Sanna; amministrazione Luigi Schiavon; segreteria Giulia Surianello; ufficio stampa Maresa Palmacci; prodotto da Tuttoteatro.com; con il contributo della Regione Lazio – Spettacolo dal Vivo