Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 24
“Stefano Massini porta in scena il delirio di Hitler”, “Un vaccino contro l’ideologia nazista”, “Massini ci svela il male condiviso”, “Un vaccino teatrale contro il totalitarismo”, “È orrore puro ma è necessario”: delirio, male, orrore, vaccino…sono solo alcune delle parole più ricorrenti che si ritrovano nei titoli di giornale che parlano dello spettacolo di Stefano Massini, portato in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano a ottobre e praticamente sold out per due settimane. E da Mein Kampf, scritto condannato per mezzo secolo all’oblio e solo di recente recuperato da quella pericolosissima damnatio memoriae, rievoca proprio gli stadi germinali di quell’orrore, di quel delirio contagioso che diventarono parte della Storia che conosciamo. Massini ci rivela però una verità che già si spera consolidata: Hitler non è nato mostro, era un uomo qualunque, con esperienze di uomini qualunque, eppure il potere delle sue parole, di cui ancora abbiamo paura (in paesi come Austria, Israele e Cina, il libro è ancora considerato illegale e si conservano solo poche copie per lo studio universitario) cambiò il corso della Storia per sempre. Parole intrise di rabbia, frustrazione e disillusione giovanile, interpretate da un Massini che per 80 lunghi minuti di monologo è tutto pathos e troppo se stesso per essere Hitler. Su una pedana bianca, pagina ancora da scrivere, l’autore e regista fa cadere libri, vetri e valigie di chi non c’è più e rumori assordanti cercano di scuotere alcuni di noi dal torpore di una narrazione poco originale, perché reitera uno stereotipo che necessita forse di cambiare forma per arrivare davvero alle nuove generazioni. “Da dove si inizia per cambiare la Storia?” recita un titolo, ma – cosa forse ancora più urgente in questa sede critica – da dove si inizia per cambiare come la Storia viene percepita? (Andrea Gardenghi)
Visto al Piccolo Teatro Strehler. Crediti: di e con Stefano Massini, da Adolf Hitler, scene Paolo Di Benedetto, luci Manuel Frenda, costumi Micol Joanka Medda, ambienti sonori Andrea Baggio, produzione Teatro Stabile di Bolzano, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana, Foto Masiar Pasquali