Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 24
Frutto della fusione sapiente tra tre “racconti” a carattere romanzesco e autobiografico, scritti dalla vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022, Annie Ernaux – da cui il titolo –, Variazioni Ernaux si presenta come una narrazione in sequenze alternate. I tratti che compongono la ricorrente codipendenza affettiva della protagonista, come variazioni in un tema musicale, vengono distribuiti su tre voci (Francesca Fava, Arianna Ninchi, Anna Paola Vellaccio) che la colgono in momenti molto diversi della sua vita: dalla gioventù segnata da un matrimonio precoce e sogni rinchiusi in un cassetto, a una piena età adulta di riscoperta di una forza passionale tale da ingabbiare , fino a una maturità rifiutata nel perseguire una relazione con un uomo di trent’anni più giovane. Essenziali gli elementi che abitano la scena: un tavolino con sopra un telefono fisso che non squilla mai, funesto memento di una chiamata mai ricevuta; un letto con coperte satinate dove si consumano intensi pomeriggi di passione e si rievocano momenti di intimità passati, alla luce di un abat-jour; un tavolo da cucina plasticoso su cui sono disposti oggetti che appartengono a una vita coniugale non voluta, ma anche libri e una macchina da scrivere, che in sé costituiscono un tenace aggrapparsi ai rimasugli della propria ambizione. A fare da contraltare, una voce maschile registrata e incorporea, presenza-assenza ingombrante di un uomo, che sia un marito che non collabora in casa pur predicando la parità dei sessi, o uno straniero affascinante con cui intrecciare un rapporto clandestino, o ancora, un ragazzo sbarbato che non restituisce che la duplicità di una vita già vissuta. Ernaux non rinnega la sua esperienza passata, l’amore che si fa collana di perle stretta intorno al collo come un cappio, e il modo in cui l’ha avvicinata al limite che la separa dall’altro, ma ne fa tesoro, per “entrare nel secondo millennio da donna forte e libera”, non dalla possibilità di innamorarsi ancora, ma dalla schiavitù nei rapporti. E riappropriarsi, così, di quel collier, che torna ad essere un semplice bijoux. (Letizia Chiarlone)
Visto al Teatro della Tosse. Crediti: dall’opera letteraria di Annie Ernaux traduzioni Lorenzo Flabbi, Idolina Landolfi da un’idea di Francesca Fava drammaturgia Francesca Fava, Arianna Ninchi, Anna Paola Vellaccio con Francesca Fava, Arianna Ninchi, Anna Paola Vellaccio regia Anna Paola Vellaccio assistente alla regia Chiara Sanvitale cura di Giulia Basel costumi Miriam Di Domenico luci Andrea Micaroni fonica Globster grafica Clarice produzione Florian Metateatro – Centro di Produzione Teatrale