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Sasha Waltz: la libertà è una bandiera senza colore

Beethoven 7 di Sasha Waltz & Guests e Diego Noguera sulla musica della Sinfonia n.7 in La maggiore Op.92 di Ludwig van Beethoven, in Prima Nazionale a Romaeuropa Festival all’Auditorium Conciliazione. Recensione

Foto di Cosimo Trimboli

Sa conquistare, affascinare, incuriosire e anche dividere; sa creare attesa e sorpresa, sa andare oltre la sua autorialità e fonderla con quella altrui senza eclissarla ma donandole nuova aura, una giovinezza sempre fresca perché si nutre di innesti e contaminazioni poetiche, ed è ogni volta una visione arricchente. Sasha Waltz è tornata nella Capitale dopo due anni e noi la stavamo aspettando. Tra i nomi di punta del cartellone di REF24, la coreografa e i suoi “Guests” – che non sono tanto delle “ospitate” quanto delle sinergie orizzontali di collaborazione – hanno presentato a metà mese Beethoven 7: tredici danzatrici e danzatori hanno lavorato sulla composizione integrale della Sinfonia n.7 in La maggiore Op.92 preceduta da Freiheit/Exstasis del compositore di musica elettronica Diego Noguera, una sorta di “quinto movimento” che si aggiungerebbe ai quattro della composizione pre romantica.

Foto di Cosimo Trimboli

In attesa di ricevere nel mese di ottobre il German Dance Award, Waltz «prende posizione», e invita Noguera a fare altrettanto, rispetto a Beethoven. Non stupisce leggere questa dichiarazione a spettacolo finito nel foglio di sala, dopo che la stessa sala entusiasta ha ringraziato l’ensemble con applausi scroscianti: è un doppio tutto esaurito all’Auditorium Conciliazione, luogo che in questi mesi di lavori in vista del Giubileo è il più complicato da raggiungere della mappa teatrale capitolina. Eppure, passano gli anni e Waltz rinsalda a ogni occasione il legame con la platea romana, tanto per quanto riguarda il pubblico che la critica. Anche il pubblico prende posizione rispetto le sue opere perché sa che la coreografa fa altrettanto ponendosi una domanda, la domanda, che poi ritroviamo tradotta sul palco in scrittura, ovvero “come dialoga la mia danza con, e in, questa società?”. Consapevoli di voler andare a scoprire la risposta, ormai da oltre quindici anni, il Romaeuropa Festival ci ha abituato a osservare ogni contemporanea sperimentazione di Sasha Waltz, che guarda alla musica, all’architettura, alla digitalizzazione – come In C i cui pattern potevano essere appresi attraverso dei tutorial – ma soprattutto guarda fuori da sé e dimostra di aver bisogno di tendersi verso l’altro, di trovare se stessa in altri riflessi artistici, di profanare il suo gesto per aumentarne, di conseguenza, la sacralità.

Foto di Cosimo Trimboli

Nel crescendo di una magmatica fusione elettronica, il suono live di Noguera, presente in scena alla sinistra del palco, si organizza gradualmente in beat sincopati (sound di Carlo Grippa), man mano che una nebbia siderale riempie lo spazio. Tra le luci azzurro polvere, si palesa un corpo e poi un altro, e un altro ancora. Con il volto coperto da maschere oblunghe e pesanti, al contrario dei costumi di velo (Federico Polucci), gli e le interpreti si muovono come esseri alieni incorporando la gravità dei bassi sintetizzati da Noguera attraverso dinamiche convulse, spezzate, quasi una gestualità neonata, priva di consapevolezza, ingenua e quindi soggiogata da una forza imperante che sembra schiacciare i corpi in un movimento ombelicale, che tenta di affermarsi. Qualche sibilo fuoriesce dal movimento, dalla bocca si propaga un suono acuto, uno strepito recalcitrante. La musica sale, le luci cambiano colore rapidamente, prima rosso poi di nuovo blu, poi un bagliore accecante (light design Martin Hauk e Jörg Bittner), i corpi da singoli diventano insieme, si muovono in gruppi, si dispongono in cerchio, le gambe e le braccia si stendono, abbracciano lo spazio circostante; lo sguardo è fisso nel vuoto, nessuna espressione, buio.

Foto di Cosimo Trimboli

La seconda parte è tutta concentrata sulla sinfonia beethoveniana e ciò che subito arricchisce i moduli è l’emotività, ovvero la maturazione del sentimento che personalizza i movimenti: non più neutre, le partiture ora sono pregne di carattere, gioiose, rasserenate. Il gesto rivendica la sua libertà e potremmo dire che i corpi non si stanno solo muovendo ma stanno finalmente danzando in una serena e perfetta sintonia espressiva. La nebbia si è diradata, gli incarnati sono vividi, i danzatori e le danzatrici si incontrano, si guardano, si sorridono. Anche i costumi (Bernd Skodzig) sono più “umani”, neri e bianchi, con leggerezza abbracciano le fisicità scolpite. I quattro movimenti sinfonici iniziano con il primo Vivace, segue il secondo Allegretto, Presto il terzo e chiude l’Allegro con Brio; la natura sociale dei corpi si costruisce per relazione e comunicazione tra loro, e così aperture, allungamenti, salti e pas de deux si susseguono in una magnifica struttura, visiva ed empatica.

Foto di Cosimo Trimboli

Nata durante la pandemia, nel 2021, per un progetto TV dal titolo Arte Through Europe with Beethoven, Waltz ha deciso dopo tre anni di ultimare questa coreografia aggiungendo al secondo e quarto, anche il primo e il terzo movimento: «Era per me importante sottolineare il tema della libertà, soprattutto in un momento in cui non ne avevamo». E oggi, che libertà abbiamo? Quella che potremmo trovare tutte e tutti in una grande bandiera che nel finale viene portata in scena a ricordare sì l’idea romantica di patria, un trionfo estatico e esaltante, ma essendo una bandiera trasparente ribadisce di quell’ideale la spinta impalpabile, senza colore, che si agita e scivola come acqua al di sopra degli individui, che si sostengono, si tendono le mani, si stringono, e simbolicamente si fondono in un’unica indistinta e pacifica collettività.

Lucia Medri

BEETHOVEN 7

Ideazione e coreografia: Sasha Waltz
Musica: Ludwig van Beethoven, Diego Noguera (live)
Costumi: Federico Polucci, Bernd Skodzig
Luci: Martin Hauk, Jörg Bittner
Drammaturgia: Jochen Sandig
Ripetizioni: Jirí Bartovanec
Danza e coreografia: Rosa Dicuonzo, Edivaldo Ernesto, Yuya Fujinami, Tian Gao, Eva Georgitsopoulou, Hwanhee Hwang, Sara Koluchová, Annapaola Leso, Jaan Männima, Sean Nederlof, Virgis Puodziunas, Sasa Queliz, Zaratiana Randrianantenaina, Orlando Rodriguez
Assistenza regia e produzione: Steffen Döring
Tour management: Karsten Liske
Direzione tecnica: Reinhard Wizisla
Assistenza direzione tecnica: Moritz Hauptvogel
Assistente alle luci: Olaf Danilsen
Sound: Carlo Grippa
Assistenza direzione costumi: Nadja Herklotz
Sartoria: Manja Beneke
Capelli e trucco: Kati Heimann
Direttore finanziario: Stephan E. Schmidt
Direzione generale: Sasha Waltz, Jochen Sandig, Bärbel Kern, Reinhard Wizisla

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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