Riceviamo e pubblichiamo il testo della compagnia Kepler 452 con il quale apprendiamo dell’annullamento del Zoukak Festival / Biennale des arts de la scène en Méditerranée di Beirut.
“Mentre vi scriviamo questo messaggio siamo circondati dal suono di droni, aerei militari, missili, bombe e dalla minaccia di un embargo e di un occupazione coloniale del Libano”
Dall’anno scorso facciamo parte di un gruppo di artisti che si raccoglie intorno alla Biennale des arts de la scène en Méditerranée, un bellissimo festival di Montpellier. Quest’anno siamo stati invitati, tramite questa rete, ad un incontro internazionale di artisti di teatro operanti nel bacino del Mediterraneo che avrebbe dovuto tenersi nell’ambito del Sidewalks Festival del Zoukak Theater, a Beirut, in Libano. Quando è cominciata la brutale e indiscriminata offensiva dell’esercito israeliano nei confronti del Libano ci siamo chiesti: e ora che succede? Dapprima, ingenuamente, abbiamo pensato a un episodio isolato, che ci avrebbe permesso comunque di recarci al festival. Poi, il massacro è diventato di giorno in giorno più pervasivo, feroce, capillare. Mentre scriviamo queste righe i morti dall’inizio dell’offensiva israeliana in Libano sono più di 2.000, ai quali si aggiungono più di 11.000 feriti.
Finché, venerdì scorso, siamo stati raggiunti da una mail sconvolgente -non sapremmo usare una parola migliore- del Zoukak Festival di Beirut che annunciava la cancellazione dell’intera programmazione, per la prima volta nella sua storia, pur avendo attraversato momenti molto difficili e concitati. Ne copiamo alcune parti, da noi tradotte:
“Fin dalla nostra nascita nel 2006, durante un’altra brutale guerra israeliana contro il Libano, Zoukak Festival è rimasto impegnato a lavorare in circostanze difficili, sia a livello locale che internazionale. Ora, nel 2024, diciotto anni dopo, vediamo che la storia si ripete tragicamente, anche se su scala ancora più ampia. Stiamo assistendo a un livello senza precedenti di aggressione armata da parte di Israele, aggravato dall’uso di tecnologie militari avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale, i droni, i sistemi di difesa informatica e le armi proibite a livello internazionale.
In questo momento storico, la comunità culturale e artistica internazionale deve restare unita contro le atrocità colonialiste. Vi esortiamo ad alzare la voce sulla situazione attuale, che ha raggiunto un punto irreversibile: massacri quotidiani, sfollamenti diffusi e vasta distruzione di aree civili, il tutto accompagnato da un inquietante silenzio internazionale. Non si tratta solo della nostra sopravvivenza, ma del futuro della coscienza umana. Chiediamo la vostra solidarietà durante questi tempi bui per il Libano, la Palestina e il mondo.”
Sappiamo bene -ed è oggetto del nostro lavoro- che le capacità empatiche nei confronti dei massacri hanno dinamiche strane. Alcune cose ci colpiscono moltissimo, anche se poi ce ne dimentichiamo in breve tempo, rapiti dagli impegni delle nostre vite, altre diventano impegni duraturi, altre ancora semplicemente non arrivano a diventare immagini precise nelle nostre coscienze.
In questo caso la vicinanza con cui abbiamo seguito l’evolversi degli eventi è stata di un’intensità speciale, dovuta semplicemente a questo vago legame personale nel futuro. Ci ha molto colpito la richiesta di prendere parola, che ci risuona colma di disperazione, rabbia, dolore. Per questo scriviamo questo breve, probabilmente inutile, comunicato, per mettere la nostra voce, per quanto piccola, al servizio della richiesta che ci arriva dal festival a cui avremmo dovuto partecipare e al quale non parteciperemo perché non si farà. E con questo poco di voce, che vorremmo alzare, se si potesse alzare la voce per iscritto, diciamo, semplicemente, che quello che sta facendo l’esercito israeliano in Libano e in Palestina, è una barbarie disumana e indiscriminata, come suggerito anche da diverse risoluzioni ONU. Che qualunque artista, in tutto il mondo, dovrebbe rivolgere il proprio sguardo e far sentire la propria voce rispetto a questo scarto di disumanità che Israele sta imprimendo alla storia e che pagheremo tutti per anni e anni in termini di ampliamento del concetto di orrore possibile. Che la nostra solidarietà va al popolo palestinese e a quello libanese, vittime della furia di un esercito che agisce contro qualunque moralità e senso di umanità. E che la nostra vicinanza va, ancora più in particolare -proprio per quelle dinamiche empatiche così difficili da decifrare e gestire- a quei colleghi e colleghe che riusciamo a immaginare pieni di domande, di dubbi, di rabbia, di terrore che scrivono mail a colleghi stranieri per annullare un festival a cui hanno lavorato a lungo e con cura e amore in mezzo alle bombe, ai droni e alla disumanità.
Kepler-452 (Enrico Baraldi, Nicola Borghesi, Roberta Gabriele)
info e supporto al Zoukak Theatre https://zoukak.org/support-us
L’appello di uno dei membri del Zoukak Theatre: https://www.instagram.com/p/DA_2i92PGWT/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==