Recensione. Romaeuropa Festival 2024 è cominciato. La 39° edizione è partita dal Teatro dell’Opera di Roma con un programma del Ballet dell’ Opéra de Lyon basato su due scritture coreografiche, Biped di Merce Cunningham e Mycelium di Christos Papadopoulos, raccontiamo quest’ultimo.
Tutto nasce dal nero, dal nulla, e finisce nel nulla. Nella pienissima serata inaugurale del festival diretto da Fabrizio Grifasi (tra autorità, artisti e pubblico affezionato) il secondo spettacolo in programma, Mycelium, mostra una cesura netta rispetto alla brillante razionalità di Biped, quel gioiello con cui Merce Cunningham chiudeva il Novecento dieci anni prima di morire e di cui avevamo parlato qui da Ravenna. La seconda e scurissima coreografia è firmata da un quarantaduenne che da qualche anno è tra gli artisti più apprezzati a livello internazionale: Christos Papadopoulos era stato ospite di Romaeuropa già con Larsen C e lo scorso anno con Mellowing (un perfetto ingranaggio collettivo alimentato da performer over 40).
Seppur influenzato dalla natura e in questo caso dal proliferare delle cellule vegetali, Papadopoulos è uomo di questi tempi, bui, in cui la speranza va cercata nel dettaglio piccolissimo, negli organismi che si muovono in collettività. I performer del Ballet dell’ Opéra de Lyon, straordinari per concentrazione e tenitura del movimento (ma anche dello sguardo, sempre dritto verso la platea), si muovono in un ambiente rarefatto, talvolta con pochissima luce, sul quale l’occhio dello spettatore deve posarsi con sforzo, ma anche con abbandono. Il micelio è l’apparato vegetativo dei funghi, vive e si ramifica sotto decine di metri di terra (al buio, appunto), i venti interpreti in nero rappresentano questo cervello collettivo e complessissimo: alla loro entrata si spostano orizzontalmente attraverso piccoli e striscianti movimenti dei piedi che producono un lieve rumore di frizione, i piedi rimangono fuori dal cono di luce e i corpi sembrano fluttuare.
Il disegno coreografico di Papadopoulos è molto semplice: si basa sulla reiterazione di movimenti che fanno da guida a lunghe tessiture, attorno a questi movimenti guida accadono piccole increspature, modificazioni del tessuto che possono resistere e determinare un cambiamento oppure tornare ad essere invisibili. C’è in effetti qualcosa dello sviluppo biologico, una tensione quasi darwinista in questo organismo che cresce di fronte a noi, attorno soprattutto a quel “passo” già visto in Larsen C e in Mellowing: con le braccia che accordandosi a un leggero dondolamento del bacino creano delle oscillazioni che anche grazie alla musica di Coti K. (per il coreografo il suono è la pulsazione da seguire) compongono una visione ipnotica. Il movimento guida di Papadopoulos, quell’oscillazione del bacino e delle mani, prima è solo frontale, poi comincia leggermente a fare ruotare l’ensemble, ma gli occhi rimangono ben puntati sul pubblico, danzatori e danzatrici non possono mai guardarsi, eppure dialogano, sotterraneamente, tramite l’impulso musicale e l’affiatamento dell’ensemble.
Il lavoro di Papadopoulos si inserisce in un filone internazionale oggi molto presente che cerca di scavare nei meandri del tempo attraverso la ripetizione estenuante, la dilatazione di azioni e gesti, le esperienze trasformative del dato performativo e il lavoro meticoloso sul dettaglio (gli avvicendamenti delle file orizzontali che compongono la schiera cellulare dei performer, i piccoli gesti che lentamente modificano la partitura, gli unisoni millimetrici). In questo, il greco, che ha lavorato con Dimitris Papaioannou per 12 anni e dal quale evidentemente ha ereditato certe atmosfere dell’inconscio e la capacità di animare il palcoscenico (qui a un certo punto il telo nero sul fondale si gonfia, come se la scena cominciasse a respirare), si ritrova vicino alle ricerche di Kat Válastur (altra artista greca passata per Ref lo scorso anno), ad Alessandro Sciarroni, ma si pensi – su un fronte non solo coreografico – anche a Gisèle Vienne. È una ricerca che reclama lo sguardo dello spettatore attento, paziente, in grado di innamorarsi dei micro cambiamenti, del tessuto organico della scena; uno sguardo però in grado anche di abbandonare la razionalità per lasciarsi catturare nelle spire del movimento di un organismo che sembra vivo nel suo lento andamento; naturale ma anche umano e dietro il quale, sottotraccia, si può ammirare la matematica che tutto guida.
Andrea Pocosgnich
Mycelium
Creato il 9 settembre 2023
Entrato nel repertorio del Ballet de l’Opéra de Lyon nel 2023
Coreografia: Christos Papadopoulos
Musica: Coti K
Ideazione luci: Eliza Alexandropoulou
Costumi: Angelos Mentis
Maestri del Balletto: Amandine Roque de La Cruz – Pierre Advokatoff
Danzato da 20 danzatori del Ballet de l’Opéra de Lyon