Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 24
Probabilmente, quel “mess” a cui fa riferimento il titolo della coreografia di Katerina Andreou, a cui potremmo attribuire significati di caos, pasticcio, disordine, e che a prima vista potrebbe anche descrivere quanto accade sulla scena, sembra più una provocazione, una sfida: casino, sì, ma benediciamolo perché vitale. Perché sottende in realtà a ritmi diversificati, che coinvolgono differentemente i quattro magnifici danzatori – tra cui la stessa coreografa greca, attualmente residente in Francia – su diversi piani fisici, scindendo parti anatomiche, variando il ritmo, l’oscillazione, l’intenzione di esecuzione di uno stesso gesto. In questa costruzione entropica, che parte in maniera più contenuta sotto moduli musicali reiterati e a cura sempre di Andreou, esplode nel corso dei 55 minuti di esecuzione per diventare una summa di energie mai paghe. Anche la disposizione del palco rifiuta l’ordine centripeto: le pedane sono accatastate sul fondo e a un lato, dal cui soffitto pendono alcuni microfoni ambientali che raccoglieranno le sonorizzazioni dei quattro; un ventilatore sotto a una pedana, alcune parrucche e cap diventano escamotage per aumentare le varianti di movimento.
Tuttavia, il cuore di tutta l’operazione è il gioco di reiterazioni con varianti dei movimenti pulsatori, come lo scuotimento del capo a destra e sinistra con cui si apre il pezzo, che poi diventa rotazione a 360° ma che, negli occhi di chi guarda assume connotazioni ogni volta differenti e che passa da una dimensione più placida, quasi sonnolenta dell’inizio fino a un contesto da festa con tanto di fuochi d’artificio, rave e after party. Proprio questa capacità di riuscire a caratterizzare il gesto, senza fronzoli narrativi ma attingendo da un quotidiano intimo, da passi che rievocano alla lontana musiche tradizionali, possibili rituali, o all’esasperazione di codici più astratti, innesca un alto grado di coinvolgimento, tanto da augurarsi di riuscire a vederlo nuovamente in una disposizione più libera, augurandoci di poter danzare insieme a loro. (Viviana Raciti)
Visto alla Pelanda, Short Theatre. Ideato da Katerina Andreou interpretato da Katerina Andreou, Lily Brieu Nguyen, Baptiste Cazaux, Mélissa Guex suono Katerina Andreou con Cristian Sotomayor
luci e scenografia Yannick Fouassier consulenza Costas Kekis direzione tecnica Thomas Roulleau Gallais produzione-touring Elodie Perrin si ringrazia Jean-Baptiste Veyret-Logerias, Laura Garnier produzione BARK co-produzione CCN de Caen en Normandie dans le cadre du dis-po-si-tif « Artiste asso-cié », Kunstenfestivaldesarts Brussels, Pavillon ADC – Genève (CH), Athens Epidaurus Festival, T2G théâtre de Genevilliers, Festival d’Automne à Paris, Next Festival, les Subs – lieu vivant d’expériences artistiques, Lyon, Maison de la Danse, Lyon, Pôle européen de Création, KLAP Maison pour la danse à Marseille, CCN de Grenoble dans le cadre de l‘accueil studio, CCNR, Centre chorégraphique national de Rillieux-la-Pape, ICI—CCN Montpellier Occitanie
direzione Christian Rizzo residenze Espace Pasolini, Kunstencentrum BUDA Kortrijk
con il supporto di Direction des Affaires Culturelles Auvergne-Rhône-Alpes, de la Caisse des Dépôts, de Dance Reflections by Van Cleef & Arpels
con il supporto di Fondazione Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea