Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio 24
Marvin M’tuomo, cresciuto a Guadalupa e poi trapiantato nell’Europa francofona delle grandi opportunità produttive, firma un’opera seconda tesa al raduno di coscienze occidentali e bianche attorno a una sorta di crudele circo, dove ogni bieco peccato coloniale viene chiamato in causa, per liberare un urlo nemmeno più disperato, piuttosto sardonico e beffardo. Disposti sui quattro lati, guardiamo un tappeto verde, da cui spuntano sparuti ciuffi di verzura; sarà l’arena per una sfilata di personaggi, evocata da una voce infantile al suono del proverbiale “c’era una volta”. Piante, alberi, animali di ogni genere prendono vita dal corpo dei performer, che si riversano in scena avvolti in una sorprendente collezione di costumi, esplosiva per varietà di forme, tessuti, colori, sotto un piazzato volutamente kitsch, se non quando il testo si apre a feroci tirate di monologo – la recitazione è tesa e solida, composta in una trama di tensioni muscolari ferme in pose rigorose – che ci ricordano ogni sopruso da “noi” inflitto alle popolazioni native. Le protesi su fianchi e seni, i tacchi smisurati, il trucco pesante, le soluzioni di vestiario che citano i dettagli di altre specie animali o vegetali confermano un indubbio ingegno nel traslare in accessori e outfit il maquillage occidentale imposto all’anima primigenia dell’umano. In questa lunga e insistita fiaba horror, il progetto di j’accuse è però fin troppo chiaro dall’inizio: nonostante alcuni quadri incisivi e una certa accuratezza nella gestione del ritmo, il programma politico ha di fatto il sopravvento sul gesto artistico e – complice una temperatura insostenibile – una corretta gestione di tempi e durate soccombe al gusto autoritario di chi desidera rendere esplicito ogni passaggio di senso. Nell’atto di liberarci da certi stereotipi, il discorso finisce per innescare una macchina di consenso che, diventata rassicurante, paradossalmente penalizza la possibilità di relazione critica con la materia e lascia da solo l’apprezzamento di fattura e d’esecuzione tecnica. (Sergio Lo Gatto)
Visto a ITSE Molari, Santarcangelo Festival 2024. Regia, scrittura, scenografia, costumi Marvin M’toumo, scrittura scenica e performance Davide-Christelle Sanvee, Élie Autin, Grace Seri, Amy Mbengue, Djamila Imani Mavuela, Marvin M’toumo, musica Vica Pacheco, Baptiste Le Chapelain, luci Alessandra Domingues, make up art Chaïm Vischel, junior costume designer Marie Schaller, scenografia Angelo Bergomi, consulente e mediatrice in materia di diversità, equità e inclusione Prisca Ratovonasy, traduzione testo in inglese Sarah Jane Moloney, amministrazione e produzione Anna Ladeira, Mirta Ursula Gariboldi – Le Voisin, coproduzione Emergentia – temps fort pour la création chorégraphique émergente réalisé par L’Abri, le TU et le Pavillon ADC Genève, Arsenic – Centre d’art scénique contemporain Lausanne, PREMIO – Prix d’encouragement pour les arts de la scène, residenza Pavillon ADC Genève, Tanzhaus Zürich, Gessnerallee Zürich
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