Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio 24
In un Lavatoio affollato – e finalmente al riparo dall’afa – va in scena un solo della performer polacca, con base a Berlino, Agata Siniarska. La sua si presenta come «una pratica tra il modo in cui pensiamo al mondo e il modo in cui ci viviamo al suo interno», che forse potrebbe essere una buona localizzazione per la maggior parte della ricerca artistica. In questo caso l’indagine esplora un tema già a lungo frequentato dalle arti e ispirato dalla recente corrente filosofico-informatica del post-umanesimo. Nel suggestivo quadro di apertura, il corpo avvolto in una sorta di gigantesco mantello frastagliato investito da luci stroboscopiche, un frastornante paesaggio sonoro riproduce gli orrori acustici della guerra: il movimento è coordinato con sapienza, mentre la performer guadagna il fondo del palco. L’esito di questa apocalisse sarà la nascita di un nuovo essere, con schiena e arti dotati di protesi che ricordano il body horror di David Cronenberg: nella desolazione muove passi incerti, attraversando un mondo e una specie che non esistono più; la coreografia non riesce però ad andare oltre l’imitazione di movenze e atteggiamenti animali e si compie in una catarsi eccessiva, mentre il corpo è scosso da un’insistita vibrazione e le labbra rigurgitano un liquido nero. Fatta salva l’importanza di figurare col mezzo artistico questo tipo di deriva, la performance risente di un minimalismo che finisce per lasciare spazio a vera e propria afasia di idee. La feroce critica al capitalismo e al sessismo, la resilienza dell’ecosistema che tentiamo di rovinare, una nuova possibile relazione con il regno animale e vegetale, fino alle ipotesi di fusione cibernetica, tra manifesti e programmi di biopolitica, affollano le dense pagine di autrici e autori come Rosi Braidotti, Donna Haraway, Robert Pepperell, Judith Butler, ma anche, in nuce, Michel Foucault le quali, se convocate, dovrebbero portare a più incisive modalità con cui discutere in forma performativa le sorti della nostra specie. (Sergio Lo Gatto)
Visto al Teatro Il Lavatoio, Santarcangelo festival 2024. Concept e coreografia Agata Siniarska, collaborazione artistica Julia Plawgo, Julia Rodriguez, Lubomir Grzelak, Partners in Craft, rat milk, Zuzanna Berendt, body sculpture e make-up Una Ryu, costumi Maldoror, luci Annegret Schalke, training vocale Ignacio Jarquin, musica e suono Lubomir Grzelak, composizione da “Uncle Boonmee who can recall his past events” di Silver Screen Sound Machine, produzione Agata Siniarska, coproduzione Tanz Im August / HAU Hebbel am Ufer, Cross Attic Prague, Partners in Craft