Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio 24
Sul selciato del piazzale della Fondazione Sant’Anna, la Citroën Dyane 6 color amaranto fa il suo ingresso con lentezza, aprendosi un lieve varco sonoro nel frinire ininterrotto delle cicale. Sediamo a terra, sorridenti, nel caldo immobile del tardo pomeriggio, mentre si sollevano – quasi con casualità, con una sorta di benevola autonomia rispetto all’evento scenico – le note di Domenico Scarlatti. La coppia di danzatori abita lo spazio – quello intimo e angusto dell’abitacolo prima, l’orbita attorno all’auto poi – ponendo ogni accento sulla vicendevolezza, sulla relazione mutua e naturale alla quale i loro corpi sono devoti.
I movimenti si dispiegano, soppesando la carnalità fino alla leggerezza, a comporre una ricognizione sentimentale delle possibilità del corpo, il proprio e quello dell’altro: luogo e strumento del più improbabile gioco, del dolore, della perdita di controllo, così come dell’impaccio e dell’evento ordinario. Vi è un sentore profondo di materialità, il presentimento perenne di una sorta di “effettività” che connota il pensiero coreografico, che offre all’astrazione della ricerca sul movimento (alle sue sublimazioni) il tracciato semplice delle consistenze terresti. Come scrive Deleuze desiderare significa «costruire un concatenamento, costruire una regione» ed è, infine, a una grazia analogica e, si direbbe, che l’immaginazione rinviene. La geografia è allusa nell’oggetto scenico (una vecchia cartina che viene dispiegata e consultata) e nella varietà di suoni che l’azione nello spazio aperto genera. È contenuta nelle premesse della performance (che vuole esplorare l’idea del sonno in auto, a varie latitudini e longitudini), ma anche nella nozione stessa di viaggio: un viaggio lento e lungo, che richiederà di dormire accampati, arrangiati, di fare della macchina una piccola casa provvisoria, di inscrivere se stessi in vari luoghi e paesaggi, lasciando che agiscano sulla propria percezione individuale, ma anche sulla propria intesa. Come a dire che non esiste un sentire che non sia situato, e non esiste un movimento che non pretenda la disponibilità all’immanenza. (Ilaria Rossini)
Visto a Fondazione Sant’Anna, Perugia – Umbria Dance Festival 2024. Crediti: coreografia di Virgilio Sieni/Compagnia Virgilio Sieni; performance site specific; in collaborarazione con Franco La Cecla; con Jari Boldrini, Sara Sguotti, Maurizio Giunti.