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Cunningham Forever (Here) A Ravenna Festival

Il Ballet de l’Opéra de Lyon ha presentato, al Ravenna Festival, un dittico di Merce Cunningham, e subito lo spazio si è dilatato, i suoni allargati e i corpi hanno aperto mondi di nuove forme che sembrano ancora tanto inediti quanto necessari. Biped sarà il 4 e 5 settembre all Opera di Roma nel programma di Romaeuropa Festival.

Foto Ravenna Festival

A 15 anni dalla sua scomparsa, è comunque difficile credere che qualcosa, da Merce Cunningham, possa essere stata pensata come «per sempre». Può esserlo, semmai, l’esercizio di sentire il tempo attraverso l’uso dell’aleatorietà nei suoi processi compositivi. Tempo del sempre-qui, dell’accadere presente su differenti livelli: tempo sempre riattivabile, eppure sempre irripetibile. Credo in questo senso vada compreso il bel titolo/slogan della serata Cunningham Forever del Ballet de l’Opéra de Lyon, ora diretto da Cedric Andrieux (già superlativo danzatore di Cunningham), vista nel programma di Ravenna Festival. Qui Andrieux ha rimontato Beach Birds (1991), su musiche di John Cage, e Biped (1999), su musiche di Gavin Bryars, entrambe le partiture eseguite live dal Gavin Bryars Ensemble. Una compagnia impeccabile, una interpretazione curatissima e un’esecuzione musicale nitida, ineccepibile.

Ed è stata una grande emozione: non è la prima volta che vedo questo programma di Cunningham, ripreso da questa compagnia, davvero in ottima forma. Eppure, ogni volta mille dettagli si disseminano, mille nuove forme prendono vita, come se si trattasse proprio di una coreografia vivente. La trasmissione del repertorio è una questione d’amore. Certo, occorre un gran sapere, e serve un’arte difficilissima: quella del fare un passo indietro. Come in natura, occorre lasciar vivere tutti gli elementi. Nessuna manipolazione. Nessuna distorsione. Accade quel che c’è. Con spalle e mani nere e il resto del corpo invece bianco, i danzatori nei suggestivi costumi di Marsha Skinner per Beach Birds si distendono per lo spazio come uno stormo, nel quale ognuno «ha un fraseggio individuale che non richiede un’esecuzione all’unisono», da qui la variabile durata del pezzo. E anche questo non attenderne la fine, ma poter restare nella durata del suo accadere, nella forza della sua osservazione: i suoni lunghissimi di Cage, le stasi vibratili e impossibili della coreografia, trasformano in esperienza di apertura ogni realtà di compimento.

La questione del suono, contrapposto all’idea di musica, con Cage (e Cunningham) è centrale: così come l’animalità cui allude il titolo, emerge dall’intensità dell’esperienza cinetica e scenica, e dalla situazione ai limiti dell’umano della performance. Ossia, all’illusione che un mondo non umano esista, proliferi e sia altrettanto capace, in autonomia, di un divenire-ritmico. Qui sul palco tutto vibra, in una complessità visiva e temporale che è impossibile catturare in un solo sguardo: tutti i sensi allora devono allertarsi per tenere insieme così tanti piani. La natura funziona proprio in questo modo.

Anche Biped continua a stupire, a mostrasi vitale: se la scenografia e gli ologrammi di Shelley Eshkar e Paul Kaiser (realizzati grazie alla motion capture) hanno forse una estetica datata, la loro efficacia visiva è però rimasta intatta. È un lavoro del 1999 ma preveggente del nostro rapporto simbiotico e ossessivo, oggi, con la tecnologia. Il titolo allude, nel suo senso più elementare, a un’esplorazione del bipede, ossia del corpo ambulante a due gambe. L’ambiente digitale creato ospita una partitura fisica di settanta frasi di movimento, tradotte in immagini astratte e proiettate su un velato dietro al quale si alternano in rinnovate epifanie gli interpreti, nei costumi «metallici e luminescenti» di Suzanne Gallo. Il disegno luci di Aaron Copp permette apparizioni e sparizioni delle presenze di grande efficacia, tra la rappresentazione tecnologica del corpo nello spazio, contrapposta ai corpi viventi dei danzatori. Torsi piegati e curvati secondo schemi complessi di braccia e gambe, arabesque allungati secondo una qualità sempre elastica, si riconoscono qui come cifre distintive delle composizioni di Cunningham. Anche la musica composta da Gavin Bryars mette assieme momenti preregistrati con gli strumenti acustici suonati dal vivo: evocazione e mistero sembrano sempre permeare la composizione. Forse proprio per favorire e amplificare il rapporto tra le forme umane (quelle viventi sulla scena) e quelle digitali (proiettate giganti sul velato), e produrre così di nuovo il senso di un’estetica “oltre-umana”, nuovamente “animale”, del movimento vivente degli incredibili interpreti.

Stefano Tomassini

Teatro Alighieri, giugno 2024

Ballet de l’Opéra de Lyon
Cunningham Forever

Beach Birdsoh
costumi e luci Marsha Skinner
musiche di John Cage
assistente alla coreografia Carol Teitelbaum

Gavin Bryars Ensemble
Gavin Bryars pianoforte e bastone della pioggia
Audrey Riley bastone della pioggia
James Woodrow bastone della pioggia
Morgan Goff violino, viola e bastone della pioggia

danzano Marie Albert, Jade Diouf, Paul Gregoire, Jackson Haywood, Amanda Lana, Almudena Maldonado, Albert Nikolli, Roylan Ramos-Hechavarria, Anna Romanova, Marta Rueda, Kaine Ward
maîtres de ballet Pierre Advokatoff, Jocelyne Mocogni

Biped
scenografia e ologrammi Shelley Eshkar e Paul Kaiser
costumi Suzanne Gallo
luci Aaron Copp
musiche di Gavin Bryars
assistenti alla coreografia Jamie Scott, Andrea Weber

Gavin Bryars Ensemble
Gavin Bryars contrabbasso, tastiera elettronica, pianoforte
Morgan Goff viola
Audrey Riley violoncello
James Woodrow chitarra elettrica

danzano Marie Albert, Kristina Bentz, Noëllie Conjeaud, Jeshua Costa, Katrien De Bakker, Tyler Galster, Mikio Kato, Amanda Lana, Almudena Maldonado, Albert Nikolli, Leoannis Pupo-Guillen, Anna Romanova, Marta Rueda, Giacomo Todeschi
maîtres de ballet Jocelyne Mocogni, Amandine François

con il supporto di Dance Reflections di Van Cleef & Arpels
Musica BIPED
Gavin Bryars © Schott Music GmbH & Co. KG

esclusiva italiana

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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