Storie dal Teatro Sociale. Intervista ad Angelo Campolo per “A TE FAMIGLIA”
Lo spettacolo sarà in scena a Udine (il 23 luglio al Teatro S. Giorgio) e Trieste (il 24 luglio al Tetro dei Fabbri) per il Festival Estivo del Litorale (FESTIL). Un racconto in prima persona, condiviso occhi negli occhi con il pubblico, che con leggerezza e ironia ci conduce alla scoperta del mondo della giustizia minorile in Sicilia attraverso storie in cerca di riscatto. Vincitore a “L’Italia dei Visionari 2023” e all’ultima edizione di “Per Chi Crea – Live Promozione Nazionale ed Internazionale”, è prodotto da Daf Project. Qui l’intervista all’attore e co-autore Angelo Campolo.
*
UDINE. Angelo Campolo, attore e autore formato alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, torna al teatro civile di narrazione, dopo la felice tournée di STAY HUNGRY, in scena in più di ottanta città italiane negli ultimi due anni e vincitore di numerosi premi tra i quali “IN BOX 2020” e il “Milano Fringe Festival”. Con “A TE E FAMIGLIA” traccia, insieme a Giulia Drogo e alla musiche dal vivo di Giorgia Pietribiasi, un percorso personale che muove dalle esperienze educative realmente avvenute con i ragazzi del programma educativo “Liberi di Scegliere” promosso dal giudice Roberto Di Bella, attuale presidente del Tribunale per i Minori di Catania. Un racconto in prima persona, condiviso occhi negli occhi con il pubblico, all’interno di storie difficili in cerca di riscatto. Una “messa alla prova” segnata da errori, ma anche da gioie inaspettate che aprono lo spazio del possibile in percorsi di vita ancora non segnati.
Lo spettacolo racconta dei tentativi di avvicinamento a questo mondo da parte di un teatrante/educatore che affronta sul campo vittorie e sconfitte date dall’incontro con ragazze e ragazzi a cui lo Stato offre la possibilità di affrancarsi dalle famiglie di provenienza. Perché senti la necessità di condividere le storie nate dai progetti che realizzi nell’ambito del Tetro Sociale?
Considero “A te e famiglia” parte integrante delle attività e dei percorsi di Teatro Sociale che porto avanti quotidianamente da più di dieci anni in teatri, comunità e luoghi segnati, in forme differenti, da povertà educativa. Questo è stato un anno particolarmente ricco dal punto di vista esperienziale. Abbiamo realizzato due spettacoli in due Teatri istituzionali (“96 ore” prodotto dal Teatro Biondo di Palermo, in scena dal 23 novembre al 3 dicembre 2023, e “Fermata Marivaux” prodotto Teatro Stabile di Catania, in scena dal 15 al 18 giugno 2023, ndr). Lavori che nascono da lunghe progettualità sviluppate a partire da protocolli d’intesa che hanno permesso a ragazze e ragazze provenienti da realtà difficili di sperimentare nuove strade attraverso il teatro. “A TE E FAMIGLIA” mi permette di proseguire in forma diversa questo tipo di percorso con una narrazione rivolta a contesti e spettatori differenti da quelli che abitualmente accompagnano i miei lavori.
Cosa ci si deve aspettare da “A TE E FAMIGLIA”?
Nessun racconto strappalacrime o scontato su storie di ragazzi “difficili”. “A te e famiglia” è il racconto di un’avventura educativa, spesso tragicomica a cominciare dal titolo che rimanda in modo ironico ad un augurio convenzionale che nel nostro caso sa più di maledizione che di buon auspicio. Una storia che non vuole impartire lezioni, né segnare linee di demarcazione scontate tra giusto o sbagliato, ma solo offrire la testimonianza di un percorso di scoperta e crescita dove l’incontro umano (a partire da situazioni difficili) segna un’opportunità di conoscenza sia per chi viene educato, ma anche per chi educa. La storia prende avvio dall’incontro in ufficio con il giudice Di Bella e dal suo augurio a proseguire in una strada dove le cose si possono sono imparare solo sul campo, pur commettendo inevitabili errori. Da lì il ricordo della prima esperienza complicata con Antonino, un ragazzo in messa alla prova per spaccio e aggressione, fortemente attaccato alla madre, che ho avuto modo di incontrare nel 2017 in un laboratorio realizzato presso la Caritas di Messina. Una storia che rimette in discussione tante visioni scontate che abbiamo verso certe situazioni. Nella seconda parte del racconto ci spostiamo a Catania, in tempi più recenti dove, con la collaborazione del teatro Stabile, diamo vita ad un nuovo percorso, nella convinzione (illusoria) di essere più attrezzati e con le spalle larghe per affrontare quello che ci aspetta.
La collaborazione con Giulia Drogo, qui coautrice e già scenografa di tanti lavori del tuo percorso, si è arricchita con la presenza di Giorgia Pietribiasi, autrice ed interprete delle canzoni di A TE E FAMIGLIA.
Sì, negli ultimi anni, la collaborazione con Giulia Drogo si è estesa oltre la scenografia, abbracciando anche la sfera progettuale e, nel caso di “A te e famiglia”, la scrittura. Penso che ciò sia dovuto al fatto che la necessità di definire una dimensione visiva in questo tipo di teatro non deriva da un bisogno decorativo, ma dall’intenzione di fornire al pubblico un’indicazione precisa che le storie realistiche che racconto vogliono offrire una prospettiva e una visione del problema che rimanda a qualcosa di più ampio. In questo contesto, Giulia e io spesso riflettiamo sul fatto che il ruolo dello scenografo è diventato ormai quello di un vero e proprio coautore, la cui importanza crescerà nel tempo, soprattutto considerando la potenza e l’influenza delle immagini oggi. L’incontro con Giorgia Pietribiasi, giovane e talentuosa cantautrice, è avvenuto a Milano a “Zona K”, mentre assistevo a uno spettacolo di sua sorella Cinzia, “Padre d’amore, Padre di Fango”, con le scene firmate sempre da Giulia. In quell’occasione, ho scoperto l’incredibile combinazione di forza e delicatezza che le sue canzoni autobiografiche esprimono (il suo album IN MEMORIA DI ME, da poco uscito, ne è un esempio e invito tutti ad ascoltarlo). Coinvolgerla in “A te e Famiglia” mi è sembrato naturale. Ad aprire lo spettacolo, in un preambolo con il pubblico, c’è poi Antonio Previti, giovane attore, assistente di molti miei progetti, con alle spalle tanti anni di attività di formatore con i detenuti della Casa Circondariale di Gazzi a Messina.
Cosa ti auguri per il futuro?
Il Teatro Sociale è una strada che percorro da più di dieci anni ormai in forme diverse, come richiede questo particolare tipo di approccio, attraverso la narrazione, la progettualità, la regia e la formazione. È per me il modo più bello e congeniale di concepire e praticare il teatro perché mi permette di entrare in relazione con persone e contesti diversi tra loro e soprattutto perché implica una partecipazione ed un raggio di azione ben più ampio della traiettoria consentita dal teatro tradizionale. Non rinnego nulla, naturalmente, e sono felice e grato per le esperienze e i maestri che ho avuto la fortuna di incontrare, ma questo tipo di percorso che condivido con tutta la squadra di DAF Project, mette a tema argomenti che sento urgenti e necessari, attraverso progetti che mi auguro incidano sempre più a livello di sistema e non solo nelle ricadute individuali.