HomeCordelia - le RecensioniLA MORTE OVVERO IL PRANZO DELLA DOMENICA (Compagnia Dammacco)

LA MORTE OVVERO IL PRANZO DELLA DOMENICA (Compagnia Dammacco)

Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 24

Al di là dell’impegno rituale, dell’appuntamento abitudinario, la fine del pranzo della domenica a casa dei genitori lascia sempre una routinaria malinconia. È un bruciore nostalgico che si conficca tra la digestione e la successiva fame, un che di psicologico e biologico, e più i ruoli genitori-figli si invertono, più sembra acuirsi con insistenza. Mariano Dammacco e Serena Balivo hanno portato in scena questo umore e hanno saputo vedere la morte attraverso il teatro. Approccio che può sembrare tautologico ma in realtà lo è di rado. Dei tendaggi bianchi, leggeri, chiusi sul proscenio appiattiscono e riducono lo spazio in cui è collocato un tavolino di legno con sopra qualche bicchiere, una bottiglia e delle noccioline sparse, dietro i tendaggi sembra di intravedere una profondità che riflette questi essenziali oggetti. In scena Balivo è ricurva sul tavolino; masticando con posa storta e nevrotica, agita le mani e la testa, il suono di Marcello Gori è ipnotico e cresce di volume. Indossando degli eleganti abiti signorili, una parrucca di capelli bianchi, orecchini, anelli alle mani, Balivo è all’apparenza una signora anziana e parla da anziana. Il suo ruolo però è scisso: nel corpo della madre e nella voce della figlia che racconta il suo punto di vista sul pranzo a casa dei genitori ultranovantenni: l’arrivo, le portate, il dolce, la musica, il commiato. Scorre tutta una vita, i tendaggi diventano un paesaggio colorato che muta col variare dello spettro di luci e, mentre Balivo percorre quello spazio bidimensionale avanti e indietro, nella familiarità dei gesti si palesano i discorsi sulla morte dei genitori e i pensieri della figlia: è la consapevolezza di dover lasciare andare, è quella bambolina poggiata sul tavolino che l’anziana /figlia colpisce fino a far cadere. La platea singhiozza, per le risate ma anche per le lacrime che iniziano a scorrere discrete nel buio; non tutta ma una buona parte viene coinvolta con soave caducità in questa catarsi collettiva. (Lucia Medri)

Visto in prima assoluta a Primavera dei Teatri, Il Capannone: di Diaghilev – Dammacco/Balivo, con Serena Balivo, ideazione drammaturgia, regia di Mariano Dammacco, musiche originali di Marcello Gori, tecnica Erica Galante produzione Compagnia Diaghilev, con il sostegno di Spazio Franco (Palermo) | Casa della Cultura Italo Calvino (Calderara di Reno). Foto di Angelo Maggio

Cordelia, giugno 2024

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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