Al Teatro Biondo abbiamo visto Kamikaze, dramma scritto da Emanuele Aldrovandi e diretto da Marco Lorenzi, è stato prodotto dal teatro palermitano in collaborazione con il Teatro Nazionale Croato
Sopra il palco un grande schermo; al di sotto, pannelli amovibili e oggetti di una scenografia non ancora definita. Tra questi avanza una giovane donna col velo. Al telefono, sostiene che il film deve essere girato secondo le proprie volontà, perché è suo. Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono è al contempo il titolo di questo film e il sottotitolo di Kamikaze, di Emanuele Aldrovandi per la regia di Marco Lorenzi, prodotto dal Biondo di Palermo e dal Teatro Nazionale Croato Ivan de Zajc di Fiume. Un lavoro nato «dall’incontro di culture e identità diverse, per uno spettacolo nel quale si parlano più lingue e si sperimentano ingegnose soluzioni meta-narrative».
Teatro di posa cinematografico: la didascalia appare sul monitor. Per tutta la durata dello spettacolo, le informazioni su luoghi e tempi proiettate su questo dispositivo orienteranno lo svolgimento di un discorso frammentato, scandito dall’azione dei servi di scena alle prese con la composizione delle scenografie (di Gregorio Zurla). Primo quadro: sul palco viene montata la stanza di un commissariato. La ragazza col velo (Aurora Cimino) cerca di spiegare a un’agente della gendarmerie (Eletta del Castillo) che presto si consumerà un attentato in un locale parigino – il Bataclan. Non viene creduta; o meglio, verrà forse creduta in seguito, quando la stessa giovane sarà interpretata da un’attrice (Serena Ferraiuolo) dai tratti somatici più “occidentali”. Ma non accade solo questo. La vicenda si svolge sul palco, ma al contempo si proietta sullo schermo soprastante, registrata dal vivo da un corpo di cameraman direttamente in scena (gli interpreti, a rotazione). Ma qualcosa non convince. Le interpretazioni appaiono affettate: anche Del Castillo, di solito precisa, appare stranamente enfatica ed eccedente. Sembra esserci un conflitto di codici: sul monitor, il recitato appare troppo teatrale, il dialogato poco verosimile, improbabili i movimenti di camera. Sul taccuino scriviamo: “brutta parodia di un poliziesco televisivo”. Ma progressivamente lo spettacolo avrebbe rivelato un chiaro intento parodico. Il dramma, nell’era della sua riproducibilità tecnica, è poco meno di un sacrificabile film. Non un teatro di posa cinematografico, ma un film di pose teatrali.
Cambio di scena. Sul palco e sullo schermo politici in giacca e cravatta discutono su come ricavare la propria convenienza dall’adozione di precise strategie propagandistiche, seduti a un ristorante. Il precedente senso di scollamento linguistico si accresce fino all’imbarazzo. Poi, finalmente, il tono si risolve del tutto in grottesco durante un sacrificio brutale, ormai privo di velleità naturalistiche. Il quadro successivo, quello di un’esecuzione sommaria, si trasforma in uno spettacolo davvero risibile, in cui a essere vera è soltanto una morte nel deserto (di un convincente Mario Jovev). Ma di questo, la troupe poco sembra interessarsi; la tragedia è tutta nel tentativo della sua miserabile spettacolarizzazione, gettata nelle fauci del pubblico consumatore di carne e immagini. Adesso il grottesco cede il passo a una crudele, irresistibile ironia: la produzione del filmato costringe il cinico videomaker (Stefano Iagulli) a difficoltà degne di un Renè Ferretti 2.0. Come lungo un frattale, lo spettatore è trascinato in una stanza degli specchi in cui teatro e cinema si guardano l’un l’altro per sbugiardarsi senza pietà nella loro commerciale finzione. La tragedia si offre in sacrificio alla distribuzione, secondo l’etichetta del mercato cannibale. Il tema è pasoliniano, ma il suo trattamento è in una forma multimediale. Chiaro quanto all’inizio sembrava sfuggire.
Materia scenica, immagine filmica e racconto procedono, insieme, per fratture: tempo della rappresentazione e tempo della riproduzione coincidono nell’asincrono rispetto a ogni tentativo di sviluppo lineare – la narrazione, alla cui commestibile unità gli investitori vorrebbero costringere l’intreccio, sigillandolo in uno sviluppo romanzesco e patinato. Ma qui non ci sono eroi. Le figure coinvolte non sono che carne da macello. «Quanto sei disposta a svelare della tua vita?»: è la domanda posta dalla produttrice (Elena Brumini) alla giovane regista, mentre l’altro autore della sceneggiatura (Aleksandar Cvjetković) osserva, escluso, il dialogo in inglese tra le due. Quanto si sta svolgendo a teatro è la storia di un film, e il film è la storia della sua regista. O meglio: ripulita in abbondante white-washing, ne è la versione edulcorata, a prova di bando.
Il multimediale è il linguaggio della contemporaneità, la sua forma artistica d’elezione. Troppo spesso, tuttavia, viene ridotto a vile escamotage scenico. Qui, invece, esso è al centro di un discorso consapevole che riparte dalle forme e dalle loro specificità tecniche per indagare il presente. In Kamikaze il medesimo racconto è un ibrido filmico e scenico, sottoposto a interessanti considerazioni di natura politica. Bilanciando alcune stucchevoli cadute di stile e alcuni esiti piuttosto incerti, una sottile ironia si imprime sulla compresenza di codici, risignificandola. Il dramma non è soltanto ricerca di trovate scenografiche coinvolgenti: esso è il momento di interessante critica sulle forme del potere e sul potere delle forme. Così Eco titolava un capitolo del suo Opera aperta, negli anni Settanta: “Del modo di formare come impegno sulla realtà”. Da ricordare come un mantra. La nuova tecnologia delle immagini non può essere soltanto intrattenimento, non può essere soltanto subita dall’alto.
Tiziana Bonsignore
Teatro Biondo, Palermo – Aprile 2024
di Emanuele Aldrovandi
regia Marco Lorenzi
dramaturg e regista assistente Lorenzo De Iacovo
con Elena Brumini, Vittorio Camarota, Aurora Cimino, Aleksandar Cvjetkovi?, Eletta Del Castillo, Serena Ferraiuolo, Stefano Iagulli, Mario Jovev, Mirko Soldano
scene e costumi Gregorio Zurla
musiche Enza De Rose, Leonardo Porcile
proiezioni video Edoardo Palma, Emanuele Forte
disegno luci Robert Pavlič
assistente alla scenografia e ai costumi Ivan Botiki
direttrice di scena Andrea Slama
produzione Teatro Biondo Palermo / Teatro Nazionale Croato Ivan de Zajc di Fiume (Hrvatsko narodno kazalište Ivana pl. Zajca u Rijeci)