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LA FIGLIA DI KIOTO ZHANG (di Massimo Odierna)

Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 24

La figlia di Kioto Zhang potrebbe diventare una sorta di espressione idiomatica, un modo di dire; una perifrasi che non corrisponde al vero ma che può supportare la ricerca di una verità. Chi è la figlia di Kioto Zhang? Forse una funzione, per questa drammaturgia che attinge ai pastiche pulp à la Tarantino, ai racconti umorali bukowskiani, all’epica delle serie Anime e alla densità bianco nero delle graphic novel, presentando un mondo che, drogato dall’innovazione, non dà il tempo ai processi umani di adattarsi a quelli avveniristici, creando dolorose distanze. La scrittura scenica – che tuttavia potrebbe alleggerirsi da alcuni eccessi di virtuosismo formale – ha il merito di fare un uso sapiente del sottotesto: le intenzioni dei personaggi sono diverse dalle loro azioni e la loro emotività si manifesta in iperboli aggressive, anche se i sentimenti sono fragili e latenti metonimie. Due solitudini, quella di Thomas (Giovanni Serratore) e di Libero (Enoch Marrella), decidono di compiere un viaggio alla ricerca dell’amata perduta da Libero, ovvero Noa, la figlia di Kioto Zhang. Thomas è un alcolizzato che, mentre cerca di coinvolgere in questa missione anche Amélie, la sua ex ambientalista (Sofia Taglioni) per poterla riavvicinare a lui, passa da una donna all’altra (Federica Quartana). Intorno, i genitori, antagonisti, di Libero: una “madre suora” (Irene Ciani) penitente e timorata di Dio, un marito (Alessio Del Mastro) fissato con Baudelaire e la pederastia, e una sboccata zia maga (Ciani) che, come una Tiresia in pelliccia, vede oltre e fungerà da aiutante. Massimo Odierna lo avevamo conosciuto nel Verso Occidente di Wallace adattato dalla sua compagnia Bluteatro, e già si notava la capacità del collettivo di nutrirsi di un immaginario – visivo, letterario, filmico – che Odierna applica a questa opera originale e, osando con azzardo registico, amalgama e struttura in una tradizione teatrale (merito anche della formazione con Ronconi) e poi la “sporca” con questo folle presente, affidandola a un cast di altrettanti autori e autrici, non solo meritevoli interpreti. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Lo Spazio: con Irene Ciani, Alessio Del Mastro, Enoch Marella, Federica Quartana, Giovanni Serratore, Sofia Taglioni. Menzione speciale della giuria all’idea originale al Festival InDivenire 2023

Cordelia, maggio 2024

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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