Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 24
È nota la vicenda che compone Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde, racconto di Robert Louis Stevenson che anticipava di poco un tetro Novecento: Jekyll, dottore onesto, ben inserito nella comunità, sperimentando su di sé l’alterazione di una pozione fa emergere il suo doppio, Mr Hyde, diverso sia nell’aspetto – erano gli anni in cui Lombroso teorizzava i propri studi – sia nei comportamenti, responsabili di ripetute azioni omicide. La vicenda, che presto diventerà d’uso comune nell’evidenziare la doppiezza dell’animo umano, arriva con Il caso Jekyll al Teatro Bellini di Napoli, per la regia di Sergio Rubini. La scena è un edificio che fa da interno e da esterno, sfruttando al meglio i livelli rialzati e la velatura delle vetrate, con una porta al centro, che creano i diversi piani di visione; l’ambientazione d’epoca emerge dai costumi e da un certo cupo utilizzo delle luci. In tale contesto Rubini, anche tra gli interpreti e al contempo narratore con leggio a corredo delle scene, fa emergere l’intenzione di lavorare sul risvolto psicanalitico, anticipando il discorso che sarà di Freud o Jung; eppure la messa in scena è ben lontana da una simile profondità: i pur bravi attori (tra i quali l’ottimo Daniele Russo che interpreta entrambi i protagonisti, con la parrucca o senza) sono al servizio di una regia didascalica che fa apparire l’ombra quando si pronuncia ombra, che fa cigolare e sbattere una porta quando si parla, appunto, di una porta, e così via. A non convincere è dunque proprio l’impianto ideologico dello spettacolo che brutalizza, banalizza l’archetipo del doppio, la coesistenza tra bene e male, tra attrazione e repulsione dell’una per l’altra, la compresenza di angeli e demoni condensati nell’animo segreto degli umani. Di tanto non resta che la reazione retrodatata a qualche episodio di bullismo represso e l’idea di far paura alzando il volume al massimo, sparando le luci in faccia al pubblico, usando un linguaggio improvvisamente turpe, incongruo all’epoca in questione, isterizzando qualche vocetta e facendo balbettare un po’ le vittime. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Bellini. Crediti: tratto da Robert Louis Stevenson; adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini; regia Sergio Rubini; con Sergio Rubini e Daniele Russo; e con Geno Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri, Alessia Santalucia; scene Gregorio Botta; scenografa assistente Lucia Imperato; costumi Chiara Aversano; disegno luci Salvatore Palladino; progetto sonoro Alessio Foglia; produzione Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini, Marche Teatro, Teatro Stabile di Bolzano