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DURANTE (di Pascal Rambert)

Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 24

Negli episodi della trilogia di Pascal Rambert sulla Battaglia di San Romano di Paolo Uccello (qui l’intervista) c’è sempre il lento delinearsi di un altrove, di un’apertura che si nasconde sul fondo, verso tutto ciò che è altro dal teatro, dal palco, dalla scena. Dopo l’opera Prima, nel secondo capitolo intitolato Durante, questo “altrove” sembra squarciare il dispositivo teatrale, perché prende con prepotenza il sopravvento, come un’esplosione sonora e visiva che divampa a tutti gli effetti sul palco del Piccolo Teatro. E l’esplosione è motore di avvio della trama, allude a quell’incidente d’auto in cui la compagnia teatrale si trova coinvolta e di cui il regista, con particolare sguardo indagatorio, cerca di recuperarne le tracce agendo sulla memoria e sui pensieri degli attori. Per farlo, Rambert fa sì che in scena passato-presente-futuro dei personaggi – attraverso il loro sdoppiamento con gli allievi della Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo – si incontrino, in un continuo flusso di scambi, di relazioni e dialoghi che costruiscono un palco abitato da presenze fantasmali (tra cui la rimembranza di un lontano Arlecchino), avvolte da luci ora bianche ora stereoscopiche, curate da Yves Godin. “Che cosa vedi?”, chiede uno degli attori alla compagna, “Fiumi di cose che non riesco a distinguere…la tua voce non è la tua voce…tu mi senti? Tu mi ami?”. In un limbo che non è già morte ma non è neppure più vita, queste presenze sembrano muoversi senza meta né fissa dimora sul palco, come burattini di uno spettacolo mai davvero cominciato, privi di quel carattere identitario e passionale evocato in Prima, anzi più fragili, forse anche più vuoti. Di essi rimangono solo le sagome e i contorni proiettati su di un telo, in una sorta di teatro delle ombre cinesi; un tableau vivant in cui i confini si confondono fino a sparire, in cui regna forse più la fascinazione retorica della riflessione metateatrale, più l’estetica della stessa vita. (Andrea Gardenghi)

Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Crediti: testo e regia Pascal Rambert, traduzione Chiara Elefante, scene Pascal Rambert e Anaïs Romand, costumi Anaïs Romand, luci Yves Godin, musiche Alexandre Meyer, assistente alla regia Virginia Landi, con (in ordine alfabetico) Anna Bonaiuto, Anna Della Rosa, Marco Foschi, Leda Kreider, Sandro Lombardi , e con gli allievi del Corso Claudia Giannotti della Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa Miruna Cuc, Cecilia Fabris, Pasquale, Montemurro, Caterina Sanvi, Pietro Savoi, e con Ludovica Bersani, Giorgio Saglimbeni/Filippo Boncinelli, Amelia Varretta, produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, in coproduzione con structure production e Compagnia Lombardi-Tiezzi. Ph Masiar Pasquali

Cordelia, maggio 2024

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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