Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 24
Questo racconto inizia dalla fine. E la fine, quasi sempre, è la morte. Ma se a morire è un personaggio esemplare come Francesco d’Assisi a un certo punto fatto santo, allora quella fine si estende oltre la morte, anzi quasi l’estensione ne fa un esempio ancora maggiore per chi ne raccoglie testimonianza. E allora ci vuole poco a far sì che il “poverello” d’Assisi, dalla propria ultima data in Terra vecchia di 800 anni o quasi, sopravviva in tutti i poverelli che oggi restano nelle intercapedini tra i negozi e l’asfalto, sui marciapiedi di ogni città. E, magari, nel parcheggio del luogo simbolo della modernità ipertrofica: il centro commerciale che condensa in un edificio gli effetti più roboanti del capitalismo. Ascanio Celestini, al Teatro Carcano di Milano e in tournée in tutta Italia, porta in scena Rumba. L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato. Assieme al musicista Gianluca Casadei, referente del racconto e maschera muta come già nei precedenti capitoli della trilogia che comprende Laika e Pueblo, il racconto di Celestini nasce dal buio di un firmamento stellato, mescolando una proiezione lontana a un’osservazione da vicino della realtà, chiamando gli spettatori a un viaggio che magicamente comprime il tanto grande nel tanto piccolo e rivela così la profondità scoscesa e densa della memoria. Francesco, che a Greccio diede vita a un presepe simbolico per dire che ogni luogo è “terra santa”, ricorre nelle parole dei barboni del parcheggio, nella percezione del ritmo che si muove attorno, nell’identificazione della differenza tra i poveri e la povertà, ma allo stesso tempo rifrange nelle vetrine del supermercato, si specchia nei personaggi che osservano in negativo lo stesso paesaggio, come il facchino incattivito dalla sfortuna familiare che se la prende con i rom, compiendo così un’impresa di estrema difficoltà: come già in precedenti racconti, Celestini esprime pensieri scomodi nei personaggi, al punto di confondere gli spettatori che si trovano a un bivio, non sanno se indignarsi per la superficie delle parole, oppure in esse, con grande sforzo di accettazione, riconoscere le proprie. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Carcano, gennaio 24. Credits: di e con Ascanio Celestini; musiche di Gianluca Casadei; voce Agata Celestini; immagini dipinte Franco Biagioni; suono Andrea Pesce; luci Filip Marocchi