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DARKMOON (di Matteo Fasanella)

Questa recensione fa parte di Cordelia di aprile 24

Foto Agnese Carinci

Certe volte si dimentica che i grandi uomini, prima di essere tali, siano stati anche bambini. Si dimentica con tutti, ma più ancora con i poeti perché essi, nella scelta delle immagini e nella vocazione all’invenzione dell’invisibile, conservano proprio quella qualità di rimanere bambini a lungo, così da confondere qualunque indagine. Se questo è vero in assoluto, per Giacomo Leopardi lo è in un modo quasi paradossale, così tanto adultizzato dalla missione cui la famiglia lo volge da offuscare l’infanzia e la pubertà con uno studio che tutti ormai sanno definire “matto e disperatissimo”. Proprio a quel Leopardi si rivolge Michele Mari nel romanzo Io venia pien d’angoscia a rimirarti (1990) a cui Matteo Fasanella di Darkside ETS si è ispirato per portare sul palco di Teatrosophia il suo Darkmoon. La luna, sopra la testa e dentro i pensieri dei protagonisti: Giacomo detto Tardegardo o Salesio (Giuseppe Coppola), dai fratelli più piccoli Carlo/Orazio (Nicolò Berti) e Paolina/Pilla (Sabrina Sacchelli), affascinati e forse un po’ impauriti da un fratello amato di cui scorgono una grandezza soverchiante, anche per sé stesso. Al centro della vicenda è una storia noir, una serie di delitti che sconvolgono il piccolo borgo di Recanati, attorno proprio alla casa del Conte Monaldo che appare in tante opere del poeta. Nel testo di Michele Mari sorprende la compiutezza dei riferimenti eruditi che certo erano del giovane Leopardi, ma soprattutto la ricerca linguistica che rintraccia un italiano tardo settecentesco – la vicenda è però dei primi anni dell’Ottocento – che Fasanella sa tradurre e interpretare per la scena con cura e qualità delle scelte, motivando gli attori a caratterizzare i dialoghi attraverso una profonda nettezza vocale perché si compia quel miracolo di rendere una lingua antica così vicina a un pubblico moderno. La luce cerea sullo sfondo è sospesa nella storia, a essa mirano al contempo la tensione poetica e l’intimità negata, ossia le due facce della luna che ispirerà, a lungo, Giacomo Leopardi. (Simone Nebbia)

Visto a Teatrosophia. Crediti: Liberamente tratto da “Io venia pien d’angoscia a rimirarti” di Michele Mari; Scritto e diretto da Matteo Fasanella; con Sabrina Sacchelli, Nicolò Berti e Giuseppe Coppola; Assistente alla regia Lorenzo Martinelli; Allestimento scenico Alessio Giusto; Disegno luci Matteo Fasanella

Cordelia, aprile 2024

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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