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Teatro di Roma, approvata la modifica allo statuto. E ora va tutto bene?

Una riflessione a partire dal comunicato del Teatro di Roma con cui, l’11 marzo, è stato avviato l’iter per la modifica dello statuto, in attesa della nuova direzione amministrativa da accostare a quella artistica di Luca De Fusco.

L’8 marzo il corteo di Non Una di Meno di fronte al Teatro Argentina con l’Assemblea Costituente Lavorat_ dello Spettacolo

Nella serata dell’11 marzo è arrivato il comunicato ufficiale del Teatro Nazionale in cui si legge che la riunione del Cda (tenutasi nella stessa giornata) ha «condiviso e dato forma ad una governance duale. Da una parte la figura del Direttore Generale (che per statuto predispone, in accordo col direttore artistico i progetti di budget economico e di bilancio mirando alla sostenibilità economica e finanziaria, che adempie agli obblighi contabili e provvede alla gestione del personale), dall’altra quella del Direttore Artistico (che predispone il programma culturale pluriennale e annuale operando con autonomia finanziaria, nei limiti del budget deliberato dal Cda).»

A parlare è il Presidente Francesco Siciliano, lo stesso che aveva chiamato una conferenza stampa di sabato mattina per spiegare la gravità dell’elezione di De Fusco e che ora invece è tra i maggiori sponsor di questo accordo frutto di tavoli politici più che culturali.

Il comunicato inoltre spiega che entrambe le figure rimarranno in carica 5 anni, senza dire però nulla sui costi dell’operazione. Ad esempio, per De Fusco si parlava di 150 mila euro annui: quando le responsabilità del regista campano saranno solo artistiche e non amministrative verrà applicato lo stesso compenso? Si presume che De Fusco abbia già firmato un contratto, dunque quando arriverà il nuovo direttore generale dovrà dimettersi e firmarne uno nuovo da consulente artistico. Il Teatro di Roma continua a comunicare attraverso la voce di Siciliano (nel comunicato non c’è un commento del direttore, ad esempio), ma questa omette una serie di questioni e meccanismi. Non si parla di un bando per una nuova direzione generale o di criteri di scelta. Si è parlato spesso di una personalità di alto profilo, che dovrà però avere a che fare con un direttore artistico scelto da altri. Il Comune di Roma in tal senso deve trovare un/a manager che almeno formalmente non sembri solo una figura amministrativa, chiamata solo ad apporre le firme insomma. Nel descrivere il ruolo del direttore artistico, il comunicato evidenzia un passaggio formale: questi «predispone il programma culturale pluriennale e annuale operando con autonomia finanziaria, nei limiti del budget deliberato dal Cda». Di certo sarebbe auspicabile, perché questa “diarchia” abbia senso, che la nuova figura che l’affiancherà sia una persona in grado non solo di predisporre ripartizioni di spesa e riordinare centri di costo, ma di essere di supporto e consiglio (libero, autorevole, autonomo) rispetto alle stesse scelte artistiche. Una figura di interlocuzione valida e incaricata di concrete responsabilità gestionali, laddove “gestione” non sia esclusivamente inteso come esercizio e tenuta economico-finanziari.

L’8 marzo il corteo di Non Una di Meno di fronte al Teatro Argentina con l’Assemblea Costituente Lavorat_ dello Spettacolo

Chiunque accetterà l’incarico dovrà far parte di una governance che avrà a che fare con un ambiente interno da resettare e trasformare dal punto di vista dei rapporti lavorativi e umani, e dovrà prendere in mano la situazione relativa alle denunce di molestie e mobbing, con azioni più nette e funzionali rispetto all’atteggiamento con cui il Teatro di Roma si è mosso qualche settimana fa o, negli anni trascorsi, non sembra proprio essersi mosso. A fronte delle esplosioni mediatiche, infatti, fu convocato l’organismo di vigilanza, che è un organismo di garanzia interna pari a quello di cui sono dotate per legge tutte le organizzazioni autorizzate da enti pubblici, il quale invece di ascoltare lavoratrici e lavoratori stigmatizzò il modo in cui la questione venne fatta emergere. Anche nel comunicato con cui il teatro commentava il reportage di Fanpage sulle denunce appariva poi la solita strategia di Siciliano, ovvero cercare di nascondere i problemi dietro alla rassicurante immagine di un teatro che inanella un successo dietro l’altro. Sulla qualità della stagione in corso si potrebbero fare molte riflessioni, e d’altronde è una stagione ancora commissariale.

Dunque suonano davvero vuote le ultime righe del comunicato di qualche giorno fa: «Il Teatro sta vivendo una stagione di straordinari successi sia dal punto di vista della qualità degli spettacoli che da quello della presenza degli spettatori che stanno premiando il nostro lavoro. Vogliamo guardare avanti a nuovi più ambiziosi risultati nell’interesse della nostra istituzione, della cultura e della città». L’ente poi non ha mai commentato (né con la voce del nuovo direttore né con quella del presidente) l’altra parte dell’inchiesta relativa sempre al comparto tecnico e pubblicata successivamente da Fanpage con un articolo intitolato “Affitti in nero e scarsa trasparenza“. Qui, nei racconti delle persone intervistate, emerge anche un panorama inquietante di economie in nero e di abusi lavorativi. Il Teatro di Roma cosa ha intenzione di fare con queste dichiarazioni? Di certo Siciliano e De Fusco non hanno nulla a che fare con ciò che è accaduto negli anni precedenti, ma ora dalla nuova governance ci si aspetta e si pretende almeno una riflessione e delle azioni, non i soliti atteggiamenti auto assolutori.

«Scelta priva di qualsiasi impulso innovativo, di aderenza allo scenario cittadino o nazionale e di senso riguardo la tutela de* lavorat* all’interno della Fondazione. Scelta volta solo alla compensazione degli equilibri interni ai soci dopo il millantato blitz per la sciagurata nomina di Luca De Fusco alla direzione della Fondazione.» Così l’Assemblea Costituente Lavorat_ dello Spettacolo (un nutrito gruppo di persone che sin dalla nomina di De Fusco sta monitorando la situazione, protestando e attivando pratiche assembleari con ricadute anche fuori dalla città e oltre le specifiche questioni relative al TdR) ha commentato l’avvio del percorso per il nuovo statuto; tra l’altro qualche giorno dopo il corteo dell’8 marzo, molto partecipato, in convergenza e solidarietà con i temi della protesta e contro gli abusi denunciati. L’Assemblea ha messo poi in evidenza come il progetto della governance duale sia «una soluzione che nulla ha a che vedere con il tanto auspicato e promosso rilancio dell’ente, che non garantisce né qualità (dato che si tratta di una spartizione di poltrone che, come sappiamo, privilegia persone controllabili più che professionist* autonom*), né equilibrio. Sarebbe stato molto più opportuno conformare lo statuto a standard europei che puntano su governance collegiali, rappresentanza e coinvolgimento de* lavorat*, invece ci propongono la diarchia come se fosse un’innovazione».

Andrea Pocosgnich

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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