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HYBRIDUS (Cornelia Dance Company)

Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 24

Nell’intensa programmazione del Festival Danza in Rete OFF del Comunale di Vicenza, la partenopea Cornelia Dance Company ha presentato un trittico di lavori tutti ispirati al repertorio dei Ballets Russes. Una serata piena di nuove idee, di accuratezza, e pure di feroce ironia. Sul palco grande, ma con il pubblico lungo la linea di fondo, quindi con la maestosa platea di fronte, a mantenere vasto lo sfondo. Un bel modo di rileggere, in un’ottica metavisiva, il passato illustre attraverso la figura dell’ibrido (Hybridus è infatti il titolo comprensivo della serata). Un ritorno della Storia sul palco del teatro del Mondo per niente illustrativo né, tantomeno, regressivo, bensì generativo perché capace di vera trasformazione: l’obiettivo di questo eterogeneo ma concorde e vitalissimo gruppo è quello di aprire le interpretazioni, disseminare nuove visioni, rielaborare rompendole le simmetrie del tempo e della memoria. Sembrano dire: v’è altro a cui pensare, a cui fare spazio, il tempo di ciò che è stato, ora, è nostro. Su un tappeto esagonale rosso porpora un corpo femminile potenziato di protesi (Eleonora Greco) si avvicina tra le note stravinskjane di Petrušhka contrastato da orizzonti sonori elettronici e ritmici capaci di dare tempo e fare spazio alla deformità. Questa «donna contemporanea deformata» come un Petrušhka nuovamente oppress* e sopraffatt* è di Nicolas Grimaldi Capitello. Mentre Divine Beasts di Maša Kolar prova a fare i conti col Bolero di Ravel (disturbato con mille altri suoni) con un quartetto che da terra fa emergere (in una danza decisa e sempre corale) figure mitiche «ibride e chimeriche» capaci di ritrovare nel divino del corpo umano la creatura bestiale che chiede libertà e presenza (non redenzione). Infine, il bellissimo Sa Rose di Nyko Piscopo con una straordinaria diciannovenne Marta Ledeman, che fa gridare a tutt* a voce alta: «vagina!», che è poi il vero tema dello Spectre de la rose che qui si riscrive. È uno sfrontato e delicatissimo inno all’autoerotismo femminile, alla dimensione onirica del desiderio, al fantasma sempre perturbante del doppio (a proposito: l’orgasmo ha la voce di Otis Redding). (Stefano Tomassini)

Visto al teatro Comunale di Vicenza Ispirato a Petruška di Igor Stravinskij coreografia Nicolas Grimaldi Capitello danzatrice Eleonora Greco assistente Nyko Piscopo music designer Pietro Santangelo costume designer Tiziana Barbaranelli scenografia Cosimo De Luca produzione Cornelia coproduzione Teatro Comunale Città di Vicenza Supporto / Divadlo Studio Tanca creazione realizzata con il supporto del progetto ABITARE – di Equilibrio Dinamico, Comune di Andria, Teatro Pubblico Pugliese, Festival Castel dei Mondi. [Crediti completi]

Cordelia, marzo 2024

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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