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FROM ENGLAND WITH LOVE (Hofesh Shechter)

Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 24

Foto Todd MacDonald

Un po’ delude il nuovo lavoro di Hofesh Shechter per la sua compagnia giovane, Shechter II: From England with love, visto al Teatro Comunale di Vicenza. Sia perché la composizione non trova una più vera linea di realizzazione e sviluppo dell’idea (l’Inghilterra contemporanea vista da un gruppo di studenti in divisa stile boarding shool); e sia perché questo consueto dispiego super tecnologico di luci, sempre aggressive ed esposte, in questo lavoro finiscono per essere parecchio improduttive. Né ombre, né pieghe, nessuna intimità tantomeno profondità emergono in questa sorta di assalto (più o meno) continuo che produce (e consuma) molta tensione. Non oltre però l’effetto vetrina. L’ode programmata a un paese che non solo lo ha accolto ma anche ne ha sostenuto la fortuna, si impenna soltanto nel finale, in cui il gruppo di otto interpreti sembra perdere il centro che li aggrega, si disperde lentamente e spaurito nello spazio, senza mèta, senza scopo, senza unità, finalmente esita in un inattivo contrappunto. Ed è questa oggi senz’altro la cartolina più intimamente fedele delle aporie e delle difficoltà sociali di quest’isola. Il movimento di Shechter, pur in un ristrettissimo trito-e-ritrito vocabolario, è sempre fascinoso, sempre demandato alla percezione ritmica della scena bombardata alternativamente da partiture concertanti anglosassoni (Edward Elgar, Tomas Talis, Henry Purcell e William H. Monk) e tirate rock del coreografo/musicista stesso. Nulla di nuovo, nulla di sorprendente: tutto però è un po’ meno necessario, per nulla inventivo, tutto visto-e-rivisto; una immaginazione, in tanto dispiego di kilowatt, ridotta quasi al lumicino. La semplicità ostentata e sorretta soltanto dagli ottimi performer può essere invece il punto di partenza per una più franca riflessione su quello che la danza può dire e fare per superare le retoriche delle personali autobiografie. Il mondo è in fiamme, non servono cartoline, tantomeno lettere d’addio. (Stefano Tomassini)

Visto al teatro Comunale di Vicenza choreography and music Hofesh Shechter light design Tom Visser  costume design Hofesh Shechter additional music composizioni ingkesi di Edward Elgar, Tomas Talis, Henry Purcell & William H. Monk production Hofesh Shechter Company co-commissioned Château Rouge, scène conventionnée – Annemasse, Espace 1789, scène conventionnée danse – Saint-Ouen, Scène nationale de Bourg-en-Bresse, Düsseldorf Festival!, Escales Danse with the support of Théâtre de la Ville Paris, Fondazione I Teatri Reggio Emilia and a production residency at DanceEast, Ipswich

Cordelia, marzo 2024

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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