Questa recensione fa parte di Cordelia di marzo 24
Chi sono i ciarlatani? Quelli che parlano all’infinito mossi più dalla vacuità delle affermazioni che dalla concretezza, quelli che emettono unicamente suoni e pur le chiamano parole. E Ciarlatani – ma la traduzione forse più esplicita è parsa “impostori” – sono quelli di uno spettacolo scritto e diretto dal drammaturgo castigliano Pablo Remòn, in tournée in Italia con la traduzione di Davide Carnevali, per intuizione e convinzione di Silvio Orlando, tra i protagonisti sulla scena. Alcune vicende che si intrecciano sul palco sembrano infine confluire in un comune, non pacifico, delta di fiume: Anna Velasco è una giovane attrice, presto delusa dalla recitazione che ha scelto solo per misurarsi all’ombra del proprio padre regista di culto; Diego è un regista invece commerciale, che vive una crisi personale meditata in un confronto proprio con la stessa ombra di Velasco padre. Entrambe le storie, cui si intreccia anche quella metateatrale del drammaturgo che difende la propria opera di plagio, fluttuano tra passato e presente ed esplicitano un comune denominatore: l’arte è una condanna, è fatta di rinunce e sacrifici, di scelte ogni volta da rifare dall’inizio, senza poter contare sulla strada compiuta, conta solo quella da fare. In una scenografia componibile che via via si trasforma da interno casalingo a camerino di teatro, da ospedale a bar notturno dove scambiare paure e segreti, con Orlando gli attori (Francesca Botti e Francesco Brandi) danno vita a molti personaggi, attraverso una qualità mimetica minima eppure rilevante, disegnando così lo sfondo su cui può articolarsi la storia di Anna, Blu Yoshimi secondo locandina, ma che abbiamo visto interpretare a una sorprendente attrice di nome Nina Pons. Impostori, dunque, questi ciarlatani. Perché non sono nel loro posto, hanno confuso i loro sogni con i sogni altrui, sono mossi da motivazioni prive di solidità. E dunque il rapporto con figure che la considerazione ha reso statuarie genera frustrazione, riduce la gioia dell’arte, talvolta, al passo lento della malinconia. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Argentina. Crediti: scritto e diretto da Pablo Remón; traduzione italiana di Davide Carnevali da Los Farsantes; con Francesca Botti, Francesco Brandi, Silvio Orlando, Blu Yoshimi (Nina Pons)