Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24
Dopo il debutto al Festival d’Avignone la scorsa estate, Carolina Bianchi apre la stagione 2024 di FOG alla Triennale di Milano con il primo capitolo di una trilogia lacerante, che si articola attorno al concetto di violenza. In La Sposa e Buonanotte Cenerentola, l’artista brasiliana decide di affrontare lo stupro negando il potere della catarsi, decide di reiterare il proprio smarrimento attraversando il trauma. E nel penetrare quella fitta selva oscura di dantesca memoria, sceglie di abbandonarsi: agli abissi del rimosso, agli incubi del presente, a quello che ha perduto per sempre. Qual è il potere dell’arte nel riportare alla memoria le tracce di questo dolore? Quale quello del teatro nella sua rappresentazione? È da questi interrogativi che lo spettacolo prende avvio nella forma di una conferenza/performance – minimalista nelle tonalità – con diapositive, microfono e tavolino, dove Bianchi illustra con precisione i germi della sua lunga ricerca, ne scava i riferimenti letterari, iconografici, poetici e mette in evidenza l’ubiquità della violenza femminicida, innescando una crisi che investe i codici stessi del teatro. Riproporre in scena le dinamiche del suo sopruso in uno spettacolo – di cui ci ricorda vuole essere regista e non protagonista – è dunque un atto di responsabilità nei confronti di una storia collettiva, di cui l’artista rievoca i legami alla cronaca recente. Attraverso l’assunzione in sala della Boa Noite Cinderela (droga che induce assopimento, usata in Brasile per lo stupro), Bianchi sprofonda in un lungo sonno, portando il pubblico ad assistere con un’intensità disturbante alla sua carne esposta, ad abitare le ossessioni della sua mente, in cui le parole proiettate divengono sfondo di sogni infestanti, dove la visione di balli rituali (performati da un validissimo team di artisti) soggioga lo spettatore, sono odore agre di alcool, luci accecanti e suoni pop lontani. Il lavoro di Carolina Bianchi si rivela così un densissimo “esercizio di memoria inquietante”. È un morire, per sempre o solo per un momento, nel dolore, per rinascere un passo più vicini alla verità. (Andrea Gardenghi)
Visto alla Triennale di Milano. Crediti: idea, testo, drammaturgia e regia: Carolina Bianchi cast: Alita, Carolina Bianchi, Chico Lima, Fernanda Libman, Joana Ferraz, José Artur, Larissa Ballarotti, Marina Matheus, Rafael Limongelli / drammaturgo e collaborazione nella ricerca: Carolina Mendonça / direzione tecnica, progettazione del suono e musica originale: Miguel Caldas / scenografia e arte: Luisa Callegari / illuminazione: Jo Rios / video e proiezioni: Montserrat Fonseca Llach / costumi: Tomás Decina, Luisa Callegari, Carolina Bianchi / assistente di produzione e responsabile di palco: AnaCris Medina / direzione di produzione e responsabile del tour: Carla Estefan / gestione internazionale e diffusione: Metro Gestão Cultural (Brasile) / produzione: Metro Gestão Cultural (Brasile), Carolina Bianchi, Cara de Cavalo / in coproduzione con: Festival d’Avignon, KVS Brussels, Maillon, Théâtre de Strasbourg – Scène européenne, Frascati Producties – Amsterdam / residenza per la conclusione dello spettacolo e costruzione del set: La FabricA du Festival d’Avignon / residenze: Frascati Theater, DAS Theatre (Amsterdam), Festival Proximamente/KVS (Brussels), Festival 21 Voltz/Central Elétrica (Porto), Pride Festival (Belgrado), Greta Galpão (São Paulo) e Espaço Desterro (Rio de Janeiro) / con il sostegno di: Theater Der Welt, The Ammodo Foudation, DAS Theatre Master Program, 3 Package Deal dell’AFK – Amsterdam Fonds voor de Kunst / Coalizione: DAS Theatre, NDSM, Over ’t IJ Festival