Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24
Attorno a un corpo dai contorni difficili da identificare, poco alla volta si compone un perimetro luminoso: è una barriera oltre la quale è impossibile andare. Il corpo, che in realtà si presenta più come una semplice “massa”, è di spalle e viene maneggiato senza alcuna delicatezza. È gettato nello spazio e subisce pressioni da un esterno visibile solo per gli effetti che producono. Questo corpo-massa perde naturalezza e vitalità perché non compie dei veri movimenti, in quanto è spinto esclusivamente da forze estranee. Chiara Ameglio, della compagnia milanese Fattoria Vittadini, indaga quelle che sono le condizioni di dolore di chi è costretto alla schiavitù, e quindi di chi perde ogni facoltà sul proprio corpo. Il percorso è interminabile e circolare, e la ripetizione acuisce il senso di un inevitabile dilatamento del tempo che diventa storia collettiva. Le luci intermittenti deformano il corpo-massa che è scosso da terribili tremori; di rado, lembi di pelle vengono lentamente esposti ed è inevitabile che la parziale nudità provochi una profonda inquietudine, se non anche vergogna per l’osservare qualcosa di illecito. Il lavoro si presenta chiaramente come un manifesto e incede proprio nel modo apodittico del manifesto, lavorando su immagini fisse e riconoscibili: in questo senso, è pleonastico l’utilizzo, a scena vuota, dell’audio degli spezzoni televisivi che esprimono laconicamente dei fatti e dei dati, quasi che non fosse stato chiaro ciò che si era già visto; forse avrebbe avuto maggiore valenza perturbante se fossero stati utilizzati come accompagnamento dell’azione, come ulteriore riflessione sul semplice concetto fornito dai mezzi d’informazione. Questo nulla toglie alla strabiliante capacità comunicativa e alla espressività vivida del corpo di Ameglio, o all’intuizione di immagini vere e potenti. Però è probabile che una maggiore profondità drammaturgica tesa a complicare la semplice idea, avrebbe dato maggiore respiro al concetto espresso in coreografia. (Valentina V. Mancini)
Visto a Spazio Körper, Crediti: Di e con Chiara Ameglio; Collaborazione artistica, Santi Crispo; Musiche KeepingFaka; Luci Fabio Bozzetta; Produzione Fattoria Vittadini; Coproduzione Festival Danza in Rete – Teatro della Tosse