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PINOCCHIO (Teatro del Carretto)

Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24

Foto Filippo Brancoli Pantera

Pannelli neri posti a semicerchio circondano lo spazio scenico ma lasciano che lì, proprio nel mezzo, si compia l’atto generativo dal quale prende vita, o almeno prende forma, il burattino Pinocchio. Questa versione del capolavoro collodiano, apparso per la prima volta nel 1883, è nel repertorio del Teatro del Carretto, storica compagnia lucchese, da oltre 10 anni; tornato in tournée durante questa stagione, sempre con la regia storica di Maria Grazia Cipriani e la scena e i costumi di Graziano Gregori, è giunto al Teatro Vascello di Roma. Pinocchio (iconico ormai sotto il suo naso è un formidabile Giandomenico Cupaiuolo) appare in catene e un po’ stordito, un carceriere tenebroso gli lancia un osso come fosse un cane; le pareti del muro circolare, dalle cui porte e finestre a scomparsa appaiono figure e ombre della sua interiorità, incubi e sogni di una maturazione tarda ad arrivare, hanno graffi e sembrano in tutto e per tutto una prigione. In questa estetica dominata da una componente immaginifica e circense si avvia il dramma in maschera che il burattino narra in prima persona, ripercorrendo a ritroso la propria storia; è una fiaba nera, Geppetto è fabbricante ma non padre, fin da principio è assente, lo dona e insieme lo abbandona al mondo, alla cura di una fata turchina che gli fa da sorella maggiore ma allo stesso tempo teme lei stessa l’abbandono (Elsa Bossi), alla mercé di personaggi minacciosi in maschera che nutrono i volti sottostanti di un’inquietudine sorpresa e talvolta assorta, vestiti con drappi sgualciti di bianco che macchiano l’uniformità del nero. Pinocchio vive in un tempo fluttuante, la morte gli è spesso vicina ma lui se ne prende gioco, il pericolo lo porta in catene perché non conosce, o ignora, le conseguenze delle proprie azioni, è un burattino che crede a tutto, si fida e non impara mai dai propri errori. Sarà pure un vecchio spettacolo, ma ciò lo rende uno spettacolo vecchio? Il gioco del teatro è in sé compiuto: un burattino fatto uomo, ma un uomo che resta un po’ burattino. Tanto lontano dai tanti Pinocchio di questo nostro tempo? (Simone Nebbia)

Visto al Teatro Vascello. Crediti: Adattamento e regia Maria Grazia Cipriani; Scene e costumi Graziano Gregori; Attori Giandomenico Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Ian Gualdani, Filippo Beltrami; Suoni Hubert Westkemper; Luci Angelo Linzalata; Foto di scena Filippo Brancoli Pantera; produzione compagnia Teatro Del Carretto

Cordelia, febbraio 2024

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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