Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24
Confinati nel profondo di una faglia che ha spaccato la terra, impegnati a pompare cemento, costretti a riorganizzare un intero immaginario terrestre da laggiù, ora che il “mondo di sopra” non è più abitabile, Dan e Balt (Daniele Amendola e Valerio Malorni) armeggiano con simbolici strumenti meccanici; sudicie divise da trivellatori vestono questi due uomini-talpa, relitti di questa nostra generazione rosa e insozzata dal consumismo sfrenato. In questa «favola post-apocalittica» scritta dalla giovane autrice francese Adèle Gascuel (nell’École des Maîtres 2020-2021) la Madre Terra non appare solo stuprata e incancrenita, ma è anche una matrigna alla quale rivolgere insulti e recriminazioni, visione apparentemente non consolatoria e che però non riesce a guidare il testo fuori da certe stanze di retorica. Essenziale ma curata, la scenografia quasi sembra composta dalla risulta di una discarica; si completa con uno schermo di fondo dove la “faglia” è sintetizzata in una circonferenza perfetta marcata da un cursore che non smette di percorrerla – senza scavarne alcuna profondità verticale – e resa densa da un generosissimo uso della macchina del fumo, elemento materico e metaforico che nasconde e confonde, fino allo smarrimento di visus e di ragione. Con alle spalle passi precisi e a tratti davvero sorprendenti, qui torna il tema del “teatro nel diluvio”, il tono cupo dell’horror esistenziale; e tuttavia la ruvida e però sottile autorialità di Simone Amendola e la complessa e parlante presenza scenica di Malorni si chiudono stavolta in una gabbia che non del tutto permette loro il consueto agio creativo. Nonostante l’evidente tentativo di rendere i personaggi stratificati come immaginiamo sarebbe la faglia, un testo troppo acerbo sembra impedire una vera discesa nelle profondità di ferite collettive. Tra dialoghi che si ripetono a loop e guizzi onirici forse troppo marcatamente lirici, la carica cinica che pure contraddistingue questo duo di artisti/autori si risolve (ma è il testo a comandarlo) in un omaggio al Beckett più desolato ma non altrettanto graffiante. (Sergio Lo Gatto)
Visto a Time Labs. Crediti: testo Adèle Gascuel; con Daniele Amendola Valerio Malorni; regia Simone Amendola; traduzione Adele Palmeri Borghese; in video e voce off Caterina Marino; scenografia Santo Alessandro; Badolato; costumi Clorinda Bartoleschi; musiche Giulia Ananìa; canto Sabina Meyer; 3D artist Davide Riccitiello; disegno luci Marco D’Amelio, Omar Scala; ambiente sonoro Gregorio Comandini; foto di scena Filippo Trojanolo