Questa recensione fa parte di Cordelia di febbraio 24
Tratto da Padre Selvaggio di Pier Paolo Pasolini, abbozzo di sceneggiatura del 1962 e pubblicata postuma nel 1975, Davidson è la storia di un giovane liberiano di buone speranze e del suo modernissimo insegnante assediato da sensi di colpa coloniali. Balletto Civile, fedeli alla loro agenda, affrontano (e aggiornano), in un fitto corpo-a-corpo non solo verbale, il tema razziale messo alla prova con i caposaldi della convivenza, del vivere civile, nonmeno che della responsabilità storica. Davidson in scena è Confident Frank, giovanissimo performer modenese, di talento spontaneo e di immediata istintività. L’insegnante (Pasolini stesso, ma pure ognuno di noi) è uno straordinario Maurizio Camilli, che qui un poco accentua il ruolo incanutito e mite dell’insegnante/padre, che dialoga e lotta (volano i banchi e pure schiaffoni e spallate) e prova a educare, poi a contenere, poi a smontare, tra consapevolezza e sentimento, le ragioni così forti e inoppugnabili dell’oppresso. Come avviene sempre con Balletto Civile, la realtà del presente straborda sulla scena, e genera tutta la potenza dell’ambiguità dei nostri tempi. Ma questo il teatro deve saper fare. Dalla platea non mancano nemmeno inconsapevoli approvazioni al linguaggio dell’oppressione («un topo in una stalla di cavalli resta comunque un topo» anche per qualche anzianotta turbata in platea), né mugugni prolungati di fronte a una realtà che è già per le strade delle nostre città. Ma questo non impedisce il prolungato applauso finale, di una comunque folta platea, in un misto di vero apprezzamento e anche difficilissima consapevolezza. Siamo a Castelfranco Emilia, in un bellissimo teatrino del circuito ERT, sulla piazza centrale all’ombra di un monumento al tortellino emiliano (un vecchione dal buco della serratura osserva l’intimità di un corpo femminile del quale scorge l’ombelico: il desiderio così dà forma anatomica ai fantasmi insoddisfatti della realizzazione erotica). Ma forse ciò che sovverte la legge del Padre, il perenne asservimento al godimento (al tortellino, dunque al capitale), è per Balletto Civile proprio questa necessaria dissoluzione dei limiti per aprire le comunità a nuove soggettività. (Stefano Tomassini)
Visto al Teatro Dadà (Castelfranco Emilia), concept e drammaturgia Maurizio Camilli; coreografia Michela Lucenti; con Maurizio Camilli, Confident Frank; disegno luci Vincenzo De Angelis; disegno sonoro Andrea Gianessi; assistente alla regia Ambra Chiarello; assistente alla coreografia Francesco Collavino; collaborazione produttiva Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Balletto Civile con il sostegno di Ater Circuito e ICK Amsterdam.