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TALOS (Arkadi Zaides)

Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 23

Foto Giuseppe Follacchio

Nel prezioso focus dedicato ad Arkadi Zaides dalla rassegna Orbita organizzata da Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, il Teatro Palladium di Roma ha ospitato la performance Talos, incentrata sulla questione della violenta rivendicazione, attraverso la sorveglianza tecnologica, della legittimità dei confini. E a partire da un progetto di ricerca finanziato dall’UE (tra il 2008 e il 2013) nel campo dell’applicazione della sicurezza, ossia un sistema avanzato di robotica per la protezione dei confini terrestri europei che prende il nome da un personaggio della mitologia greca, il gigante di bronzo Talo, guardiano di Creta. In un rimando polivisivo, fra schermi e schemi e immagini, quello che Zaides mostra in scena in una presentazione al limite del burocratico, è l’ossessione del controllo, la ricaduta sugli spostamenti in prossimità dei confini, e l’affezione in termini performativi di chi per necessità è costretto ad attraversarli. Tanta apoteosi tecnologica della sorveglianza e della restrizione degli spazî di confine ha finito per incagliarsi nella rigidità del suo preteso disciplinamento, a fronte di ciò che per sua natura può essere invece poroso ed elastico. In scena, infatti, la narrazione kafkiana e fredda ma pignola dello stesso Zaides a un certo punto si inceppa, cade in un loop verbale che mette fuori controllo lo zelante presentatore, e l’artificialità di una intelligenza contraria al vivente qui esposta. Con esso, viene così fatta saltare tutta la natura arbitraria della sua pretesa sovranità. La serata si è completata con un dettagliato incontro con il coreografo e la natura documentale della sua ricerca coreografica, curato da Piersandra Di Matteo/Short Theatre e con gli interventi di Andrea Costa/Baobab Experience e Lorenzo Pezzani/Liminal-Università di Bologna, durante il quale meglio si è precisata la strategia compositiva di Zaides come un assemblaggio di teoria, scrittura del corpo e ricerca sul campo capace di ripensare la natura e il potere e la violenza del documento. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro Palladium. Di: Arkadi Zaides In collaborazione con: Claire Buisson, Nienke Scholts, Jonas Rutgeers, Youness Anzane, Effi & Amir (Effi Weiss & Amir Borenstein), Gabriel Braga, Culture Crew, Amit Epstein, Dyane Neiman, Thalie Lurault, Etienne Exbrayat, Simge Gücük Co- produzione: Les Subsistances, Lyon (FR), CDC Toulouse (FR), NEXT Festival, Lille-Kortrijk-Tournai (BE-FR), La Maison de la Danse, Lyon (FR), CCNN – Centre Chorégraphique National de Nantes (FR), TanzQuartier Wien, Vienne (AT), Wiesbaden Biennale, Wiesbaden (DE), Teaterhuset Avant Garden, Trondheim (NO), K3 – Zentrum für Choreographie | Tanzplan Hamburg as part of the project Together Apart, funded by the German Federal Cultural Foundation (DE) Sostegno alla residenza: O Espaço do Tempo, Montemor-o-Novo (PT), STUK, Leuven (BE), Kunstenfestivaldesarts (BE), Dialoghi Residencies for Performing Arts in Villa Manin/CSS Udine (IT), Tanz im August/HAU Hebbel am Ufer (DE)Con la partecipazione di DICRéAM. Con il supporto di Transfabrik Fund – the Franco-German Fund for performing arts. Institut des Croisements – Arkadi Zaides is supported by French Ministry of Culture – DRAC Auvergne Rhône-Alpes.

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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