Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 23
Cos’è oggi un teatro che ha per oggetto solo sé stesso? Scritto durante il periodo pandemico, Sagoma è la riflessione di Fabio Pisano, con la regia di Davide Iodice, sul valore di un teatro lasciato al buio, dove le figure di riferimento si muovono confuse alla ricerca di identità. Niente è stato previsto al di fuori dello spoglio e buio palcoscenico del Teatro Nuovo, nemmeno l’identità di un’embrionale presenza estranea. Esiste l’attore in quanto finto e in quanto vero, in quanto mestiere e in quanto oggetto poetico. Il palco è senza allestimento, un elemento tecnico persino banale e brutto (con le luci d’emergenza, a mo’ di pudenda, a vista) che quasi impedisce, o rende eccessivamente difficile, l’essere in scena. Si è al momento in cui lo spettacolo è solo l’idea vaga di una rivisitazione dal teatro beckettiano nella mente dell’attore, Nando Paone, la cui frustrata urgenza è capire che postura assumere al momento di agire. Cerca sé stesso in una controluce «senza riverbero», che lo faccia sagoma, un astratto corporeo, così da poter impersonare ciò che più gli corrisponde senza dover subire il peso dei ruoli che ha di volta in volta vestito o che l’hanno fatto iconico e lo hanno allontanato da quello che realmente è. Il suo unico interlocutore è il tecnico delle luci-servo di scena Matteo Biccari: è trait d’union tra la realtà e la finzione. Non è possibile scorgerne il volto, così com’è dietro i fari, ma il suo mutismo, tanto dissonante rispetto all’incessante parlare del compagno, e i suoi movimenti repentini e plateali lo rendono immediatamente comprensibile. Forse molto più naturale, per paradosso, di quanto sia l’attore stesso. Da questo buio stracciato dall’intermittenza delle luci, emerge la presenza ingombrante del pubblico seduto in platea, inquietante folla dai volti bianchi a ostacolare i bisogni dell’attore. Con dichiarati riferimenti pirandelliani, l’azione si ripete in cerchio fino a che non perde di senso e non produce il riso, in una formula consueta nella scrittura di Pisano. Troppo interessato a esistere e basta, questo teatro pare non sapere cosa vuol essere davvero. (Valentina V. Mancini)
Visto al Teatro Nuovo, Crediti: di Fabio Pisano; Regia, spazio scenico, luci, musiche Davide Iodice