Al Teatro Palladium è andata in scena una prova aperta del nuovo progetto di Cristian Ceresoli, prima produzione firmata Spin Time. Il racconto del lavoro è occasione per ripercorrere le tappe del percorso artistico di Ceresoli fuori dai luoghi istituzionali della cultura.
Mai come quest’anno la celebrazione delle festività natalizie assume i contorni del paradosso, quando l’atroce attualità che investe i luoghi del culto del Natale riporta alla luce decenni di storia e violenza. Difficile ma non impossibile che l’evidenza di questo assunto rimanga ancora nascosta in piena vista. Per questo l’occasione della prima prova aperta del nuovo lavoro di Cristian Ceresoli è particolarmente significativa. A ridosso del Natale il teatro Palladium ha ospitato quella che Ceresoli chiama la «demo» di La Dolorosa, progetto musicale sulla nascita e la morte di un nuovo cristo, il «figlio della gioia» in un mondo assediato dalla violenza. Il titolo che accompagna questo primo incontro con il pubblico è Cantata contro la guerra: le voci di Silvia Gallerano e Fabio Monti si alternano in un canto di «grazia e ferocia, intimità e folla», in cui riecheggiano inni di lotta e ballate popolari, legati ed esaltati dal suono di un unico strumento, la fisarmonica festosa e malinconica di Gianluca Casadei. Anche se in misura per ora ridotta, il fulcro della cantata sono i bambini: il coro di voci adolescenti (Lara Ceresoli, Francesca Barba e Anna Maschietti) guidato da Francesca Olivia Risoli contrappunta la narrazione sotto la direzione musicale di Stefano Piro. La cantata ripercorre la storia dei vangeli, o meglio quella di una madre che mette al mondo un figlio «nel buio e nella noia e nel rancore», lo vede crescere, fare miracoli eppure morire sulla croce tornato bambino, mentre la folla e il suo clamore sono il mondo intero che assiste all’irrazionale atrocità della violenza. Un miracolo finale, il più grande di tutti, riscrive la resurrezione: «un’apocalisse della gioia», non la vita eterna nell’aldilà, ma una promessa di futuro in terra, sudato, festoso, umano. Il viaggio è accompagnato dalle lettere di un bambino indirizzate direttamente a Dio, un dio lontano e invisibile cui dare del tu e porre domande innocenti e devastanti. La voce del piccolo Luca Ceresoli innesta il presente concreto nel tempo mitico del racconto: a lui è affidato il richiamo alle immagini più crude che affollano le cronache attuali.
Ma proprio perché oggi i riflettori della cronaca illuminano le estreme conseguenze di una realtà troppo a lungo ignorata, questa lunga canzone teatrale non è figlia degli eventi recenti. La sua storia risale al 2008: è nata prima di La Merda, fortunatissimo spettacolo d’esordio con il quale Ceresoli e Gallerano girano il mondo da più di dieci anni. La Dolorosa, racconta Ceresoli, «ha l’età di mia figlia, 15 anni. Il grosso della scrittura avviene intorno al 2008. Questa distanza non è stata necessaria dal punto di vista dello scrittore o degli interpreti. È dovuta alla fatica che abbiamo fatto per portarlo in scena. All’epoca abbiamo provato a presentarla, ma il mondo della cultura ha un po’ rigettato la proposta. Abbiamo dovuto lottare, mangiare molta merda – tanto per autocitarci – per fare la strada che abbiamo fatto. E questo progetto era andato disperso, perduto, proprio un fallimento. Quando poi è riemerso è stato grazie a una combinazione di cose: la cronaca, il dato autobiografico della nascita di un figlio, ma sicuramente anche grazie alla nostra stima e frequentazione degli spazi politici occupati. Chi l’aveva ascoltata lì ogni tanto per la strada ci fermava, ci diceva, facendomi sentire anche un po’ in colpa: dovete riprendere quel progetto. Oggi risuona del momento storico attuale. Quando debutterà nel 2025 si spera che le bombe su Gaza saranno cessate, ma sicuramente purtroppo risuonerà ancora. È un po’ quello che successo con La Merda: fece subito scalpore, in quel momento c’era lo scandalo delle Olgettine, eppure continua ad essere attuale. Io e Silvia siamo in qualche modo legati al contemporaneo, ma sappiamo che, come già diceva Dario Fo, parlando del contemporaneo si costruiscono dei classici».
É proprio all’interno di Spin Time, lo spazio sociale della realtà occupativa di via di Santa Croce in Gerusalemme, che il progetto ha potuto riprendere la sua strada con grande coerenza d’intenti. Questa Cantata contro la guerra è la prima produzione firmata Spin Time con l’alto patrocinio del Parlamento Europeo e arriva appena dopo l’assegnazione del premio Tuttoteatro.com Renato Nicolini 2023 per essere “un centro culturale polifunzionale, riferimento per associazioni e artisti non solo romani, oggi minacciato di sgombero. Un bene comune estraneo a ogni logica di profitto”. Continua Ceresoli: «io e Silvia viviamo da anni gli spazi dell’informalità, le occupazioni, esperienze politiche a 360 gradi. Abbiamo partecipato all’occupazione del Teatro Valle; dopo quella importante esperienza politica, di cui a febbraio ci sarà la presentazione dell’archivio, in qualche modo ho continuato a fare politica, perché vengo da quella storia. Frequentiamo Spin Time dai tempi in cui era un garage. Anni fa, Silvia ha tenuto un workshop con le mamme vittime della tratta, scampate alla morte in mare e in guerra, che oggi è diventato un film presentato al Festival di Torino (Le Favolose di Roberta Torre, 2022, ndr). Queste mamme portano i loro figli alla Di Donato, la scuola più vicina a Spin Time. Io amo il calcio e a volte faccio anche il mister per il calcio popolare che abbiamo aperto per la scuola. Insomma, abbiamo sempre lavorato lì, non siamo quegli artisti che a un certo punto cavalcano un’onda, un’idea. Abbiamo vissuto nel bene e il male l’esperienza in tutte le contraddizioni. Quando si è creata quell’energia, come direbbe Stefano Piro, quel desiderio di portare alla luce La Dolorosa, stavamo ragionando con un altro spazio. Ma poi è stato naturale dirsi: facciamolo a Spin Time. E lì è iniziato un percorso enorme, in collaborazione con Paolo Perrini (il presidente dell’associazione Spin Time, ndr), con tanti occupanti. Riprenderlo è stata veramente dura, ma tutte le persone che ho incontrato hanno veramente partecipato di questa “gioia”. Abbiamo fatto lì gran parte delle prove, un’anteprima proprio per l’abitativo del palazzo. Fino a un certo punto avremmo proprio voluto farlo lì, poi non è stato possibile ed è entrata la complicità del Palladium. Siamo riusciti in maniera visionaria a dire che dopo dieci anni di accoglienza ai migranti in fuga dalle guerre, Spin Time realizza anche una vera e propria produzione teatrale. Questo contando soprattutto sulle nostre forze, perché viviamo le esperienze politiche nell’ottica del contributo che possiamo dare. Se c’è uno spazio che viene liberato, penso che sia possibilità mia, di Silvia e di tutti, andare a costruirne un pezzo, come una città che si ricostruisce. Non devo aspettarmi niente da Spin Time, devo anzi andare e costruirne un pezzo».
Il viaggio de La Dolorosa è ancora lungo: il debutto è previsto nel 2025 a Milano, ma prima ci saranno alcune tappe anche all’estero, soprattutto in America Latina, dove è prevista una residenza e possibile tournée. La conformazione stessa di questa opera-musical-concerto-festa teatrale racconta la poetica dei suoi autori. Dalle poltrone del Teatro Palladium, vivace sala universitaria che quest’anno festeggia i vent’anni di attività con la rassegna “Vent’anni nel presente”, si respira la vocazione di piazza di questo lavoro, che nella versione definitiva vorrebbe essere animato da novecento bambini.
«Silvia si è diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, ha fondato una compagnia, ha visto veramente il meglio e il peggio della scena teatrale italiana degli ultimi trent’anni. Io invece vengo proprio dalla provincia più edonista, ben descritta da Pierpaolo Pasolini. Ero molto lontano da parole come arte, teatro, ma proprio dalle parole. Insomma, sono passato dalle discoteche ai centri commerciali. Quando poi sono finito a vagabondare per il mondo romanticamente, tra un mestiere e l’altro, sicuramente uno dei luoghi che mi ha salvato è il Workcenter di Jerzy Grotowski. Dentro la pratica teatrale mi sono capitate delle cose stravolgenti, fenomenali, bene e nel male. Questa stagione mi ha dato tantissimo, ma poi mi ha anche un po’ soffocato. Quando nel 2008-2009 abbiamo provato a scrivere questa canzone o nel 2010 La Merda, siamo stati un po’ rimandati al mittente. Pur essendo assolutamente inseriti in un sistema, diciamo così. Io avevo già portato un’operina cantata a Sant’Arcangelo, un festival che guardavamo con grande attenzione. Dentro questo sistema ci sono delle realtà straordinarie, delle persone intelligenti, sensibili. Ma è qualcosa da cui io oggi sono proprio uscito: abbiamo girato il mondo e quando siamo rientrati in Italia, non abbiamo più pensato alle “chiese”, ai luoghi istituzionali della cultura, ma alle piazze. Non abbiamo più pensato ad entrare in contatto con un settore, ma ci siamo detti: che cosa siamo? Ancora prima che uno scrittore e un’attrice, in qualche modo costruiamo delle opere di bellezza. E per chi le costruiamo? Per noi stessi? Per noi stesse? No. Le costruiamo per il popolo, per usare una parola un po’ politica. Le facciamo per l’umanità? Allora l’abbiamo cercata. Ecco, forse la sintesi è: “prendi su”, come si dice a Bergamo, e trova alternative, mettiti in viaggio geograficamente, mentalmente. Non stare in un sistema da addetti ai lavori, autoriferito come una piccola chiesa, ma esci, vai, tenta. La scena musicale, per esempio, oggi è molto interessante, perché il digitale ci permette di registrare la nostra voce, di mettere una base sotto e di sparpagliare la nostra proposta nel bene e nel male sulla rete. Il live è un po’ più difficile, però io ammiro molto quelli che prendono baracca e burattini e portano le loro live, che possono poi diventare dei capolavori classici, nei luoghi dell’illegalità, nei luoghi dell’occupazione, e poi magari arrivano anche, come è successo a noi, negli auditorium. Noi a un certo punto siamo andati in scena nei teatri commerciali, dove di solito sta la televisione, la musica leggera, perché avevamo voglia di incontrare un pubblico non di settore. Bisogna un po’ rischiare, uscire dagli schemi, dai contesti, uscire dai soliti festival, dai soliti teatri, uscire, uscire, uscire, rischiare, tentare molto di più. Perché le persone che hanno bisogno di questa bellezza, stanno altrove».
Sabrina Fasanella
Visto al Teatro Palladium – Roma dicembre 2023
CANTATA CONTRO LA GUERRA verso LA DOLOROSA (Prove Aperte)
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano, Fabio Monti (voce), Gianluca Casadei (fisarmonica)
musica di A. Pizzicato, G. Casadei, C. Ceresoli, S. Piro, C. Vetrone, S. Gallerano, F. Monti
coro delle adolescenti Lara Ceresoli, Francesca Barba, Anna Maschietti
maestra del coro Francesca Olivia Risoli
alle lettere di un bambino a Dio Nicola Ceresoli
direttore musicale Stefano Piro
fonico Giorgio Gagliano
audio Lorenzo Scavazza
Un’iniziativa di Spin Time sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo
realizzata da Frida Kahlo Productions, Produzioni Fuorivia, Teatro di Dioniso
in collaborazione con PAV e Centro Alta Formazione Teatro
e dedicata alle bambine e ai bambini in guerra